La crescita tedesca si ferma le Borse si spaventano

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FRANCOFORTE — Si ferma anche la Germania. Contro ogni aspettativa degli economisti, la locomotiva tedesca nel secondo trimestre di quest’anno è cresciuta solo dello 0,1%, a fronte dell’1,3% toccato nei primi tre mesi dell’anno. Immediate le preoccupazioni dei mercati per un peggioramento della congiuntura globale e soprattutto di quella europea, ancora in lotta contro la crisi del debito. Venerdì scorso, era stata la Francia a intimorire i mercati con una crescita piatta. Ieri, invece, è toccato all’Olanda e alla Germania, rivelare un arresto della crescita, con un dato molto inferiore alle attese (pari allo 0,5%) e il peggiore dal secondo trimestre 2009. In pratica, il nocciolo duro della Vecchia Europa ha cominciato a frenare anche gli altri Paesi di Eurolandia, cresciuti solo dello 0,2% (lo 0,3% l’Italia). Quasi immediata la reazione negativa delle borse. Dopo la pubblicazione del dato di crescita piatta, l’indice Dax ha perso fino al 3%. Trainando al ribasso anche le altre capitali europee, migliorate solo in serata, sulla scia di dati più positivi provenuti dagli Stati Uniti, come l’aumento dello 0,9% della produzione industriale di luglio e la conferma del giudizio di massimo rating con tripla A per gli Stati Uniti da parte dell’agenzia Fitch. Milano ha ceduto 0,87%, Francoforte lo 0,45%, Parigi lo 0,25% e Londra in controtendenza ha guadagnato lo 0,13%.
Una tregua apparente. Ieri l’Ufficio statistico ha spiegato che fra aprile e giugno hanno rallentato soprattutto il consumo e gli investimenti immobiliari. Mentre il commercio estero, ha apportato al prodotto interno lordo un contributo negativo. Perché, cosa insolita per la Germania, le importazioni complessive hanno superato le esportazioni. In attesa di ulteriori dettagli sui dati, attesi il primo settembre, secondo Andreas Rees di Unicredit, si tratta di una prima “svolta” nel miracolo economico tedesco. E appare lontana la stima governativa di una crescita al 3,6%, anche perché, secondo Christoph Schmidt, consulente del governo di Angela Merkel, difficilmente la Germania può sottrarsi alle difficoltà  dell’Europa e degli Usa. Invece l’esperto di Ing Martin Van Vliet, non esclude il rischio “recessione”, di fronte «al rallentamento della domanda estera, i risparmi nei bilanci pubblici e le turbolenze dei mercati», che frenano anche la domanda interna. Ma per Dirk Schumacher di Goldman Sachs, la produzione industriale è ancora abbastanza robusta. In pratica, sarebbero i timori di un rallentamento della locomotiva tedesca e quindi del resto d’Europa a spingere la Cancelliera Angela Merkel ad aderire a piani di salvataggio europei sempre più complessi. E a dispetto del “no” ufficiale di Berlino, gli eurobond sono sostenuti ormai apertamente anche da industriali, rappresentanti della Cdu e dall’opposizione socialdemocratica. D’altra parte, i nuovi dati molto più negativi del previsto sulla crescita fanno capire anche l’urgenza e la dimensione degli interventi della Banca centrale europea, per evitare che la crescita rallenti ancora di più. Settimana scorsa la Bce ha acquistato bond, probabilmente italiani e spagnoli, per la somma record di oltre 22 miliardi di euro. E anche ieri la Bce è intervenuta acquistando titoli di Italia e Spagna. E il differenziale fra il btp decennale e il bund tedesco è sceso a 267 punti base.


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La trappola del rigore

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Quella decisa domenica 4 dicembre è la quarta manovra finanziaria effettuata in Italia in pochi mesi. Il suo ammontare di 30 miliardi è superiore alle attese perché proprio quelle estive avevano diminuito le aspettative di crescita per i prossimi due anni cosicché l’obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013 ha richiesto un intervento di entità  maggiore. Ma non è difficile anticipare che l’ulteriore effetto depressivo di quest’ultima manovra, che prevede poco per la crescita, farà  sì che per raggiungere quell’obiettivo saranno necessarie ulteriori misure restrittive.

Occupate le officine, si scopre la speculazione

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Da sette mesi senza reddito e con zero prospettive davanti. Per il lavoro, la dignità  e il futuro, ma non ultimo contro la speculazione, i lavoratori Rsi Italia (Rail Service, ex Wagon Lits), gli addetti alla manutenzione dei treni notte, hanno occupato lunedì scorso a Roma le storiche officine (nate nel 1923) di via Umberto Partini 20, a Portonaccio: proprio a ridosso della Nuova Stazione Tiburtina.

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