I libri di Barnes & Noble al capitolo finale

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NEW YORK – Il figlio del tassista italiano di Brooklyn ha reagito alla notizia con la tutta la scaltrezza maturata nei suoi quarant’anni alla guida della libreria più grande d’America: «L’investimento è una forte dimostrazione di fiducia nelle nostre capacità  di business. E questo nuovo capitale alimenterà  ulteriormente l’esplosiva crescita della nostra strategia digitale». Traduzione: stringiamo i denti. Ma che altro poteva fare il povero Leonard Riggio di fronte alla doccia fredda?
Mettetevi voi nei panni di chi si aspetta una pioggia da un miliardo di dollari e si vede consegnare un assegno da 200 milioni. Per carità : il miliardo promesso da quel signor Bonaventura che porta il nome di John Malone – il capo del fondo d’investimento Liberty – avrebbe significato anche il passaggio di proprietà  della storica bottega sulla Fifth Avenue che l’italo-americano ha trasformato nella catena di librerie più grande degli States e del mondo. Ma almeno sarebbe stato il salvataggio di un sogno. Adesso il colosso rischia di sciogliersi sui suoi piedi d’argilla: che sono i costi sempre più alti di gestione dei suoi 700 negozi e i 60 milioni di perdita, per contare solo l’ultimo trimestre. Senza il suo cavaliere bianco Barnes & Noble si avvia a scomparire: non è un caso che il mercato abbia salutato la “dimostrazione di fiducia” di Malone con un tuffo in rosso a meno 17 di quelle azioni che dall’inizio dell’anno sono già  andate giù del 35 per cento.
Sì, la vicenda di Barnes & Noble è la fotografia perfetta di quest’America che non riesce a crescere e a sviluppare le sue potenzialità : che nel caso della superlibreria ci sarebbero tutte. Alle perdite e alla crisi fa davvero da contraltare – qui il vecchio Riggio ha ragione – il successo della divisione digitale. Il lettore Nook s’è dimostrato un duro rivale del leader Kindle di Amazon. E B&N in meno di un paio d’anni ha saputo ritagliarsi il 27 per cento dell’intero mercato dei libri elettronici: una porzione più alta di quella che rappresenta nell’editoria tradizionale. Proprio la prospettiva digitale ha scatenato l’appetito di Liberty che aveva promesso quell’offerta da 1 miliardo. Ma lo scivolone dei mercati e la paura della recessione in arrivo avrebbero portato l’investitore che già  possiede una catena di canali digitali (Starz) a più miti consigli. La ritirata di Malone gli regala comunque il 20 per cento dell’azienda. Dove un altro 20 è già  posseduto da quel Ron Burkle che già  qualche mese fa aveva tentato di fare le scarpe a Riggio. Il miliardario playboy – amico di Bill Clinton e investitore della Current Tv di Al Gore – fa anche lui buon viso a cattivo gioco. Ma gli osservatori temono che l’iniezione di nuovi capitali non basti a salvare il malato.
Non aiuta del resto a pensare positivo lo spettacolo che in questi giorni si svolge sotto gli occhi di mezza America. Dopo avere invano aspettato un salvatore anche Borders – che ha negozi dagli States alla Gran Bretagna – ha alzato bandiera bianca: bancarotta. I suoi 500 stores stanno svuotando tutto con sconti incredibili: dall’ultimo bestseller agli scaffali. Mentre da Amazon a Google, passando per Apple, i nuovi giganti del libro veleggiano a gonfie vele in quel mare del digitale in cui anche Barnes & Noble – che pure l’aveva coraggiosamente, ma troppo tardi, affrontato – rischia adesso di affondare.


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