«Torniamo a fare movimento per cambiare la politica»

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 ROMA.  L’ex cinema Palazzo, nel quartiere romano di san Lorenzo, come la fucina da dove costruire un nuovo modello sociale: in vista di quella che sarà  la manifestazione del 15 ottobre, i movimenti si sono ritrovati per discutere di Bce, di Fmi, di manovre finanziarie, di precariato e di crisi. Ci siamo mossi nella platea per conoscere alcuni di loro.

Studenti, precari del pubblico impiego e della scuola, lavoratori privati e cittadini, un mondo sempre più variegato che accoglie le istanze più disparate. «Abbiamo una nuova opportunità  – dice Angela, una precaria della scuola – dopo tanti anni in cui ci siamo paralizzati su discussioni interne, finalmente ritorniamo a costruire qualcosa. Tutto riparte da dove ci eravamo fermati dieci anni fa, penso a Genova 2001 e all’idea che “un altro mondo è possibile”».
«La precarietà  è uno dei mali da combattere, bisogna dare stabilità  al lavoro». A dirlo è Vesselin, dalla Bulgaria, che il precariato lo sta vivendo a tempo indeterminato. Barba incolta, capelli bianchi e lo sguardo di chi di battaglie nella sua vita ne ha fatte tante: «Credo in un’unità  della sinistra e sono qui oggi perché bisogna creare una nuova alternativa». Da vent’anni in Italia, lui un lavoro stabile non l’ha mai avuto. Si occupa di integrazione lavorando a stretto contatto con campi Rom e periferie abbandonate al degrado. «A me piace quello che faccio il problema però è che diventa sempre più difficile, le risorse sono sempre meno e con questa crisi i tagli fatti ci hanno penalizzato molto». Sogna un mondo diverso ma non per lui: «Ormai io la mia vita l’ho fatta – continua – Spero che mio figlio riesca a essere felice anche se sarà  difficile. Oggi è ancora studente ma presto sarà  costretto a emigrare anche lui, sai in Bulgaria le cose non vanno meglio».
Un modello economico che sta scandendo le sue ultime ore, una università  distrutta a colpi di riforme fatte con criteri aziendalistici e una grande incertezza per il futuro, questi sono i mali da combattere per studenti come Giovanni Zampani. Frequenta Scienze politiche e non sa ancora bene cosa farà  da grande. L’unica cosa che per adesso sembra interessargli è «partecipare». Lui, come tanti altri tutti mossi dallo stesso istinto che li spinge a rischiare e a mettere in moto la fantasia per costruire quel mondo nuovo dove poter esprimere loro stessi e progettare il loro futuro. «L’essere qua tutti insieme a questa assemblea – dice Giovanni – vuol dire che qualcosa in questo paese si sta muovendo. Tutto è iniziato un’anno fa con “Uniti contro la crisi”, adesso però dobbiamo indicare delle proposte».
Dello stesso parere anche Giuseppe, pure lui studente. Per lui università  e mondo del lavoro hanno sempre più punti negativi in comune: «Duecento mila studenti il prossimo anno rischiano di non avere più la borsa di studio e di venire espulsi dall’università  – spiega – Sembra di assistere alle stesse dinamiche dei licenziameti nel mondo del lavoro. Io sono alla fine del mio percorso di studio e tutto questo mi tocca direttamente, è per questo che bisogna far sentire la nostra indignazione».


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