Obeso e vincente la sfida a Obama di super Christie

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C’è un elefante bianco nel salotto buono della democrazia americana. Si chiama Chris Christie, pesa 145 chili ed è l’ingombrante governatore repubblicano del New Jersey che l’ala più riflessiva e moderata della destra vorrebbe costringere a correre contro Obama, cacciando gli aspiranti impresentabili oggi schierati. Lui si muove con prudenza ritrosa, ma con l’avvicinarsi delle primarie 2012 e con l’impresentabilità  degli altri candidati che si esibiscono in deprimenti dibattiti, il fascino dell’elefante bianco cresce come la sua mole fisica.
Se mai questo avvocato gioviale, esuberante, collerico, pupone fin troppo amorevolmente cresciuto dalla mamma italiana Sandra Grasso fino a diventare, come dice lui, «un cibo-dipendente», dovesse fare quello che ormai molti ricchissimi finanziatori vorrebbero facesse, sfiderebbe il tabù che da mezzo secolo, da quando la televisione scippò la democrazia, domina la politica: che per diventare presidenti nell’età  dell’apparenza si deve essere, se non proprio belli, almeno, e obbligatoriamente, snelli. Con i suoi 145 chili – ma il peso varia anche di dieci chili in su o in giù nel tragico yo-yo delle diete – Christe sarebbe il capo dello Stato più grasso da Howard Taft che portò i propri 150 chili alla Casa Bianca nel 1903. Storia vuole che dovette ordinare una vasca da bagno nuova per contenere la mole debordante. Fortunatamente per lui, oggi si preferiscono le docce.
L’aspetto fisico di questo ex procuratore generale dello Stato è naturalmente già  oggetto di sarcasmi da parte di chi lo teme, come il giornalista e attivista democratico Chris Matthews che si è chiesto come «possa tagliare la spesa pubblica uno che non riesce neppure a tagliare le porzioni», ma la imponente figura è il segreto del suo appeal. Essa rappresenta con più fedeltà  il profilo di una società  americana dove gli obesi e i sovrappeso sono ormai la maggioranza. Persino Michael Moore, lui stesso pachidermico ma certo non filo repubblicano, ha ammesso che se «il partito dei ciccioni votasse per qualcuno che finalmente non li fa sentire come dei paria o dei mostri, Christie vincerebbe con due terzi dei voti».
Un eventuale partito trasversale e non ideologico dei grassi contro i salutisti sarebbe formidabile. Non ci potrebbe essere nell’immagine prima ancora che nell’ideologia, un avversario più deliziosamente antitetico a Obama di questo americo-italo-irlandese nato e cresciuto in una delle peggiori città  del New Jersey, Newark. Sarebbe l’elefante bianco contro la gazzella nera, il laureato di umili università  statali (il Delaware) contro il fiore della serra di Harvard, l’ingordo di “spaghetti and meatball” con le polpette di carne contro il salutista tenuto a gambi di sedano dalla moglie che li coltiva nel cortile della Casa Bianca. La perfetta tesi e antitesi delle due Americhe oggi in cagnesco.
Se ancora il governatore del New Jersey non ha lanciato il cappello sul campo e fa impazzire i pessimi candidati già  dichiarati come il vacuo Perry del Texas, il plastificato Romney del Massachusetts, la allucinata eroina del Tea Party Michele Bachmann del Minnesota e altre comparse di contorno, non è tuttavia soltanto per le questioni di peso. O per quelle di salute, che la sua corpulenza e un’asma sviluppata da bambino e certamente non lenita dall’obesità , tengono vive, riacutizzate da un ricovero d’urgenza in luglio per una crisi respiratoria.
Sono le sue posizioni politiche, assai più agili e moderate della corporatura, a preoccupare l’ala militante e idrofoba della destra, quella rappresentata dai fanatici anti-Stato (e soprattutto anti-Obama) del Tea Party. Christie, che ha un indice di gradimento superiore al 50% (contro un 34% di non gradimento) in uno Stato come il New Jersey che pure sente i morsi delle difficoltà  economica, è un uomo del compromesso, come ha ripetuto anche nel suo ultimo discorso tenuto nel santuario della mitologia repubblicana, la Biblioteca Reagan in California.
Non si fa niente nell’amministrazione e nel governo della cosa pubblica senza mediare e senza scendere a compromessi con le opposizioni, con i sindacati, con le imprese, spiega lui che sta governando uno Stato dominato dai Democratici, il metodo che lo ha portato a ridurre di 12 miliardi il disavanzo fiscale del New Jersey. Il suo principale rimprovero a Obama non è di essere troppo di sinistra, di essere un usurpatore, uno Stalin nero, un alieno jihadista secondo le farneticazioni degli estremisti, ma di avere promesso quello che non ha saputo mantenere: creare intese fra le fazioni politiche in guerre. «Non un dittatore, ma uno spettatore», ha detto.
Anatema, non soltanto per la medicina che trema al pensiero di un capo dello Stato ghiottone e obeso, mentre pediatri si battono ogni giorno contro il grasso. Anatema anche per i puri e duri che oggi dominano l’elettorato di base Repubblicano, quello che andrà  a votare alle primarie e hanno abbastanza forza per promuovere candidati di estrema destra destinati a perdere nelle elezioni nazionali generali.
Crede, come Reagan, nell’«eccezionalismo americano», la dottrina della «città  luminosa sulla collina» che eccita il nazionalismo oggi scosso dai rovesci economici e militari dell’America e questo lo riconcilia con la destra, anche quella neo-con rimasta orfana di riferimenti dall’addio di Bush al potere. Ora promette di mettersi seriamente a dieta e di fare esercizio, l’elefante bianco che fa sognare il partito dell’elefante, simbolo repubblicano. Ma un «Christie magro sarebbe come una Angelina Jolie obesa» scherza Michael Moore. Piacerebbe ancora?


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