Come si comporteranno i fiumi?

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Il riscaldamento globale del clima si traduce in eventi climatici estremi sempre più frequenti e intensi, dicono i meterologi – e del resto lo vediamo già : monsoni imprevedibili, cicloni disastrosi, nubifragi come quello visto su Genova, ondate di siccità  feroce come quella che asseta il Corno d’Africa…
Uno studio diffuso proprio in questi giorni cerca di analizzare l’impatto del cambiamento del clima sui fiumi. Diffuso lunedì durante un Forum internazionale sull’acqua e l’alimentazione in corso in Sudafrica, lo studio fa parte di una ricerca più ampia, durata 5 anni e coordinata dal Gruppo consultivo sulla ricerca agricola internazionale (Cgiar). Questa parte è stata condotta da un gruppo di meterologi e scienziati del King’s College di Londra, e attinge ai dati di 17 modelli climatici usati dal Ipcc per studiare l’impatto potenziale dei mutamenti climatici sulla portata dei fiumi. E afferma che l’aumento delle temperature e l’incertezza delle piogge potrà  modificare radicalmente il flusso d’acqua dei maggiori bacini fluviali del pianeta.
Il punto è come lo modificherà . Mark Mulligan, che ha guidato il team di ricerca, spiega che i modelli climatici non permettono di avere previsioni attendibili: «Quello che sappiamo è che non possiamo confidare sulla stabilità  idrogeologica. Alcuni fiumi potrebbero aumentare la portata d’acqua e poi seccarsi, o viceversa. Il messaggio chiave ai paesi è: “diventare più adattabili”». Lo studio prevede che tutti i bacini fluviali dell’Africa saranno «sotto stress» per l’aumentato livello di evaporazione-traspirazione dovuto all’aumento delle temperature, ma è incerto quanto di questa aumentata evaporazione sarà  compensata dall’eventuale aumento delle piogge. In bacini come quello del Mekong, in Asia sud-orientale, il ciclo stagionale del fiume – le piene della stagione umida – è essenziale alla vita e all’economia locale. «Ma non puoi neppure pensare a strategie di adattamento, se non è ben chiato a cosa ci si debba adattare», nota il climatologo.
Oltre ai dati strettamente climatici, lo studio ha considerato la prevedibile crescita della popolazione e i livelli di povertà  – essenziale, considerato che l’intero studio ha come obiettivo valutare l’impatto sulla sicurezza aliomentare. Così ad esempio fa notare che il prodotto interno lordo dei bacini del Nilo, del Niger e del Limpopo è basso, con meno risorse per resistere e adattarsi al clima mutato. Si pensi: nel bacino del Limpopo vivono almeno 14 milioni di persone, che dovranno prepararsi a stagioni secche ancora più secche e stagioni umide con meno pioggia. L’impatto del cambiamento del clima sulla produzione alimentare nel becino del Niger, in cui vivono 100 milioni di persone, è differenziato tra la regione nord (dove ricorre la siccità  fin dagli anni ’70 e di recente si è intensificata) e e sud: lo studio prevede stagioni di piogge ritardate, più ondate di siccità . Sul Nilo, un bacino gigantesco abitato da 150 milioni di persone, il potenziale di immagazzinamento d’acqua è significativo, nota lo studio, e può aiutare a compensare l’incertezza sulla futura portata del fiume. Molto più vulnerabile sarà  il Gange, con il suo bacino abitato da 400 milioni di umani – quasi tutti strettamente dipendenti dall’agricoltura. Lo studio cerca di indicare misure necessarie per far fronte all’incertezza: e una delle più importanti è sviluppare sistemi di raccolta dell’acqua piovana, da conservare per i periodi di secca. Strategie per prepararsi a tempi incerti.


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