La Cisl comunque non sciopera

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I sindacati si preparano a incontrare il governo domenica, giusto un giorno prima del consiglio dei ministri che dovrebbe varare la riforma Monti delle pensioni. La convocazione del premier è arrivata l’altroieri sera, e già  ieri mattina la Cisl ha tentato di porre alcuni paletti: «Non vogliamo una semplice consultazione, ma una trattativa vera», ha detto il segretario generale, Raffaele Bonanni. Ma nel contempo in zona Cisl non si pensa affatto a uno sciopero: «Siamo contrari alle solite sceneggiate».
E se così Mario Monti e la ministra del Welfare Elsa Fornero dovranno vedersela con l’opposizione di Cgil, Cisl e Uil – che in varia misura hanno tutte detto di essere contrarie a misure che pesino sui ceti deboli – dall’altro lato ieri sono arrivate nuove indiscrezioni sul contenuto della riforma, con la conferma – dato che peserà  subito sulle tasche delle persone coinvolte – che non verranno erogati gli adeguamenti all’inflazione nel 2012.
Anche dal fronte dei partiti, comunque, arrivano i primi chiari «no»: l’Idv ha annunciato che voterà  contro la riforma se verrà  toccata quota 40 di anni di contributi.
Ecco dunque le misure previste, almeno allo stato attuale: dovrebbe innanzitutto scomparire la cosiddetta «finestra» che allungava di fatto di un anno (e di 18 mesi per gli autonomi) l’uscita di chi aveva già  raggiunto il requisito dei 40 anni; ma questo non vuol dire che si torna a 40, anzi: il governo sta pensando di portare gli anni di anzianità  necessari per pensionarsi fino a 42.
Nel contempo, accanto al passaggio a 42 anni, si dovrebbe aumentare la somma età /contributi da quota 96 a 100 (traguardo da raggiungere nel 2015). Il rinvio della pensione per i pensionandi di oggi potrebbe valere a regime due miliardi (nel 2010 sono andati in pensione con 40 anni di contributi oltre 116 mila lavoratori con un importo medio pari a 1.675 euro,quindi un importo annuo di oltre 21 mila euro).
Sembra poi scontato il «congelamento» delle pensioni rispetto all’inflazione per il 2012: calcolando un aumento dei prezzi intorno al 3%, dovrebbe valere circa 5-6 miliardi (cifra che comprende però i 600 milioni già  previsti per il blocco deciso dal precedente governo per le pensioni più alte). È l’unica misura, insieme all’aumento delle aliquote, che dà  risparmi immediati, e potrebbe essere escluso solo per gli assegni bassi. Un blocco totale della perequazione era stato deciso dal governo Amato nel 1992.
Si studia anche un aumento delle aliquote dei lavoratori autonomi, adesso ferme al 20-21%: si pensa a due punti percentuali, per un entrata aggiuntiva nel 2012 nelle casse dell’Inps pari a circa 1,2 miliardi.
Aumenterà  anche l’età  di vecchiaia delle donne nel settore privato. Al momento il percorso per arrivare da 60 a 65 anni è fissato tra il 2014 e il 2026 ma si punta a partire nel 2012 per arrivare a 65 nel 2016 o al massimo nel 2018.
Verrà  esteso, e questo è dato come uno dei provvedimenti più certi e che creeranno meno opposizione, il contributivo pro-rata anche a coloro che hanno ancora il sistema retributivo (chi ha cominciato a lavorare cioè prima del 1978). È probabile poi che venga chiesto un «contributo di solidarietà » ai pensionati dei fondi che in questi anni hanno avuto «privilegi» e che sono in perdita (telefonici, dirigenti, etc). Pare esclusa al momento, infine, l’ipotesi dell’anticipo al 2012 dell’adeguamento dell’età  pensionabile (che resterebbe così dal 2013 in poi).
La Cgil maturerà  oggi, nel corso dell’assemblea dei delegati prevista a Roma, la posizione da portare domenica al tavolo con Monti e la ministra Elsa Fornero. Ma intanto la minoranza «La Cgil che vogliamo» si appresta a chiedere – spiega il portavoce Gianni Rinaldini -la proclamazione di uno sciopero generale nel caso in cui sia confermato l’intervento sulle pensioni di anzianità  e il blocco della rivalutazioni.


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