Tagli alle indennità , la norma si blocca

Loading

ROMA — La maggioranza non sarà  una vera maggioranza, ma stavolta insorge unita contro la decisione del governo (già  bocciata dalla commissione Affari costituzionali) di prevedere nella manovra un articolo che impegna i parlamentari a decurtarsi entro il 31 dicembre le indennità  portandole in linea con la media europea, altrimenti sarà  l’esecutivo stesso a farlo per decreto legge. «Non si può fare, è un’ingerenza del governo, su queste materie c’è competenza esclusiva delle Camere», hanno protestato da destra a sinistra contro una norma che di fatto stabilisce un termine ai lavori della commissione tecnica — presieduta dal presidente dell’Istat Enrico Giovannini — che da settimane sta lavorando per stabilire i parametri economici che rendano uniformi a quelli dei colleghi europei gli stipendi di amministratori, consiglieri, sindaci e parlamentari. Perfino Gianfranco Fini definisce «inopportuna e scritta male» la decisione del governo «perché non è possibile intervenire per decreto in materia di competenza esclusiva delle Camere», affrettandosi però ad escludere che «nel Parlamento ci possa essere un’azione dilatoria o di contrasto» rispetto alla riforma. Precisazione dovuta perché, nel frattempo, l’ira montante dei parlamentari che non vorrebbero vedersi dimezzato lo stipendio e lo sdegno dei tanti che pur disposti al sacrificio accusano il governo di «demagogia» (Maurizio Gasparri ironizza: «Io chiedo che tutti gli stipendi sopra una certa soglia, pubblici e privati, vengano tagliati. Vediamo chi è d’accordo…») ha portato ieri pomeriggio all’idea di presentare un emendamento in cui si pone un diverso termine per la fine dei lavori della commissione (si è pensato a marzo-aprile), superato il quale le Camere sarebbero impegnate a rendere effettivo il taglio «entro trenta giorni». Un rinvio insomma, che Massimo Corsaro, vicecapogruppo del Pdl, spiega così: «Al ministro Giarda abbiamo detto chiaro che, se la norma restasse com’è, sarebbe inapplicabile, e noi potremmo altamente disattendere l’obbligo di tagliare le indennità . Stabilendo invece dei termini certi e affidando alle Camere l’obbligo di applicarlo, diamo la garanzia che la riforma si faccia». E però, in tempi grami in cui tutti sono costretti a stringere la cinghia, la mossa ha provocato un terremoto. E le reazioni sdegnate di chi ha il sospetto, se non la certezza, che si tratti di una manovra dilatoria per rimandare a dopo, forse a mai, il sacrificio. Proteste che si affollano sui siti Internet, che arrivano nelle sedi dei partiti, e che costringono tutti alla marcia indietro e alle messe a punto. Il relatore alla manovra del Pd, Paolo Baretta, assicura che «da parte nostra non abbiamo intenzione di presentare alcun emendamento: se al presidente Giovannini servirà  più tempo, ce lo farà  sapere. In ogni caso, non può essere il governo a rivedere le indennità ..». Sulla stessa lunghezza d’onda il segretario del Pdl Alfano: «Nessun rallentamento, ma su un tema così delicato il Parlamento non si faccia commissariare dal governo». E lo stesso Fini chiarisce che «non è in discussione la revisione delle indennità  dei deputati», perché «in tempi brevi» i tagli arriveranno. Si tira fuori dalla querelle Pier Ferdinando Casini: «Per quanto riguarda il gruppo dell’Udc non ci sarà  alcun emendamento che escluda dai tagli gli stipendi dei parlamentari». Paola Di Caro


Related Articles

TAV. L’utilizzatore finale della sceneggiata parlamentare

Loading

Una questione grave, tecnicamente complessa, su cui grava una pesante ignoranza dei dati reali e un carico di interessi gigantesco, liquidata, in una mattinata di fine stagione

Nel pre Conclave dei cardinali stranieri dove americani ed europei già  contano i voti

Loading

O’Malley col saio sorprende i fedeli in San Pietro. Salgono le quotazioni di Scherer  

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment