Il re Mida degli ospedali 800 milioni di business e la passione dei giornali

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MILANO – Il re Mida degli ospedali con l’hobby (costosissimo) dell’editoria colpisce ancora. Il blitz sul San Raffaele consolida infatti Giuseppe Rotelli come leader indiscusso della ricca ed efficiente sanità  privata lombarda e italiana. Il nuovo padrone dell’ex-impero di Don Verzè ha sbancato il tavolo con un’offerta monstre da 405 milioni, poco meno del valore dell’intera Rcs in Borsa. Una cifra altissima, ma di sicuro misurata al centesimo dall’uomo che grazie ai soldi del Pirellone ha costruito – una clinica dopo l’altra – un gruppo da 800 milioni che gode, finanziariamente parlando, ottima salute.
La sua carriera è iniziata come docente di istituzioni di diritto Romano all’università  di Torino. La folgorazione imprenditoriale è arrivata nel 1980, quando con l’aiuto di Intesa Sanpaolo ha preso la gestione del Policlinico di San Donato dimostrando da subito di avere le idee chiare: ha limitato il suo raggio d’azione alla Lombardia (salvo una struttura in Emilia) allargando i confini della società  a colpi di acquisizioni finanziate dai ricchi profitti garantiti dai rimborsi delle Asl regionali. Oggi sotto l’ombrello della Papiniano, la sua cassaforte, ci sono 18 ospedali con 3.956 posti letto e oltre 9mila dipendenti. L’83% degli 803 milioni di ricavi di Rotelli è garantito da prestazione finanziate direttamente dal servizio pubblico – in buona parte dalla regione del governatore Formigoni – e il 2010 si è chiuso con 10 milioni di profitti a valle di un bilancio molto conservativo sul fronte degli accantonamenti (altissimi) e dei fondi rischi (pure loro prudenzialmente elevati). Il regno di famiglia ha in cassa 270 milioni in contanti parcheggiati in conti correnti e depositi postali e ha in carico a soli 290 milioni di euro 300mila metri quadri di terreni e strutture ospedaliere che in realtà  ne valgono almeno il quadruplo.
Questo tesoretto non è servito però a finanziare solo la crescita nella sanità . Un bel pezzo del patrimonio di Rotelli è stato investito (e purtroppo per lui bruciato) sul Corriere della Sera. A fine 2006, un anno dopo il tentativo di scalata a via Solferino del “furbetto” Stefano Ricucci, il 66enne imprenditore pavese ha iniziato a rastrellare titoli Rcs. Oggi ha in portafoglio il 7,54% del capitale e l’11% dei diritti di voto in virtù di un’opzione d’acquisto che scade nel 2014 con Banco Popolare.
La diversificazione nell’editoria però, dati alla mano, non è stata fortunata. Rotelli ha pagato 270 milioni per una partecipazione che oggi ne vale 39. Una voragine per cui ha già  contabilizzato in perdita un fondo svalutazione pari a 125 milioni di euro. Non solo: sui titoli in portafoglio al Banco Popolare c’è un’ulteriore minusvalenza potenziale di altri 98 milioni. Oltre al danno, tra l’altro, ha dovuto incassare pure la beffa. Pur essendo il primo singolo azionista industriale del Corriere della Sera, Rotelli (che tra giugno 2010 e giugno 2011 ha acquistato in Borsa altri 600mila euro di titoli Rizzoli) non è ancora riuscito a ritagliarsi nemmeno uno strapuntino nel patto di sindacato Rcs. L’operazione San Raffaele segna adesso il ritorno alle origini. Visti i risultati, una scelta comprensibile


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