Scandalo Pedofilia nel Clero Non È giusto Ignorare le Assoluzioni
Venerdì scorso l’avvocato Jeff Anderson ha depositato presso la Corte distrettuale del Wisconsin una notifica di archiviazione dell’azione legale «John Doe 16 v. Holy See»: il famoso caso Murphy, un prete responsabile di una catena di abusi avvenuti tra il 1950 e il 1974, già noti ai media e dei quali si era occupata a suo tempo la giustizia americana. Il caso veniva rilanciato mirando ad affermare la diretta responsabilità della Santa Sede sugli abusi perpetrati dai sacerdoti di tutto il mondo e il coinvolgimento del cardinale Ratzinger nella copertura dei fatti relativi a Murphy quando questi vennero portati a conoscenza delle autorità vaticane alla metà degli anni Novanta del secolo scorso.
Tutte quelle accuse sono cadute ma la loro caduta non ha provocato interesse. Conviene chiedersi il perché, andando oltre la segnalazione dell’abituale disparità di attenzione dei media per le assoluzioni rispetto alle accuse. Credo vi siano almeno tre motivi che portano al calor bianco l’attenzione dei media sugli abusi del clero cattolico rispetto ad analoghi reati compiuti da altre persone: il valore simbolico della figura del prete nella nostra cultura, l’importanza preponderante dell’istituzione cattolica rispetto a ogni altra compagine associativa, i convincimenti ideologici di chi approfitta dello scandalo per attaccarla. Sono ragioni comprensibili, seppure non sempre condivisibili. Ma esse non dovrebbero impedire che si segnali almeno nelle pagine interne la caduta di un’accusa alla quale si era data la prima pagina.
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