Evasione fiscale, primato Italia. Monti: si cambia

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Secondo i dati raccolti da Tax research London per il gruppo parlamentare della sinistra del parlamento europeo, nel 2009 il valore dell’economia sommersa in Italia era pari a 418,23 miliardi di euro per un’evasione fiscale stimata in 180,257 miliardi, quasi un terzo delle entrate totali.
Lo studio viene reso noto proprio nel giorni in cui il presidente del consiglio Mario Monti rende noto l’indirizzo fiscale che seguirà  il governo. E sempre nel giorno in cui il viceministro dell’economia Vittorio Grilli parla di tesoretto dalla lotta all’evasione fiscale. «L’intenzione c’è e le maggiori entrate che arriveranno dalla lotta all’evasione vogliamo ridarle ai cittadini. Il fondo non è stato fatto per una questione tecnica, appena ci sarà  l’esigenza lo introdurremo». 
Il governo intende spostare la tassazione sui consumi. Dunque l’aumento dell’Iva al 23% potrebbe scattare davvero in ottobre, al contrario di quanto sembrava emerso da altre esternazioni. «Il presidente del Consiglio fino all’altro giorno ha detto che si andava ad un abbassamento delle aliquote sul lavoro dipendente. Mi pare di capire che la novità  di oggi è che si rinvia l’abbassamento delle tasse sul lavoro», ha commentato il segretario generale Cgil Susanna Camusso. Se intende aumentare ulteriormente l’Iva mi pare evidente che non è utile rispetto ai redditi delle persone».
Nell’ambito dell’attuazione della riforma fiscale, il governo vuole provvedimenti diretti «al riequilibrio del sistema impositivo» e «al graduale spostamento dell’asse del prelievo dalle imposte dirette a quelle indirette», si legge nell’Atto di indirizzo sulla politica fiscale firmato dal premier Mario Monti. «Nell’ambito del processo di attuazione della riforma fiscale, saranno predisposti schemi di provvedimenti normativi diretti al riequilibrio del sistema impositivo, anche relativamente alla tassazione dei redditi finanziari». 
Il governo vuole correggere un prelievo fiscale sbilanciato sulle imposte dirette, «una anomalia italian», secondo i dati del centro studi degli artigiani di Mestre, la Cgia. Irpef, Ires ed altre forme di tassazione diretta sono pari al 14,5% del Pil; un dato che nei grandi Paesi dell’Unione Europea è superato soltanto da Danimarca (29,6%), Svezia (19,4%) e Regno Unito (15,6%). Se le tasse dirette incidono per il 14,5% della ricchezza prodotta, le indirette (Iva, accise, imposta di registro, e altre) hanno un peso pari al 13,9% del Pil. Tra i Paesi Ue che tassano in misura superiore i propri contribuenti con le indirette, sottolinea lo studio Cgia, vi sono l’Austria, la Francia, l’Olanda, la Germania e la Spagna. In termini percentuali sul Pil, i francesi subiscono un carico fiscale addebitabile alle indirette pari al 14,9%, gli austriaci al 14,5%, gli olandesi al 12,1%, i tedeschi all’11,1% e gli spagnoli al 10,3%. «L’idea di spostare il carico fiscale sulle indirette è sicuramente una ipotesi da prendere seriamente in considerazione – commenta il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi – Tuttavia non va trascurata la tesi di coloro che sostengono che un eventuale aumento delle aliquote sulle indirette potrebbe avere effetti negativi sulla propensione agli acquisti degli italiani». In un paese, per altro, già  in recessione.


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