Donne precarie faccia a faccia con la ministra

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Donne precarie in carne e ossa che ieri hanno portato – insieme a decine di lavoratori, disoccupati e studenti – la pratica di OccupyWelfare fino al terzo piano del ministero di Via Veneto. Alla fine la ministra ne ha ricevute tredici, tutte ragazze con meno di 35 anni, perlopiù laureate, pluriformate, affatto «sfigate». Eppure disoccupate o con un’occupazione e una vita precaria. 
Ha voluto ascoltare le loro storie personali, Fornero. Come quella di Giulia, ricercatrice di 33 anni, una bimba di tre e un compagno cameraman precario quanto lei. Entrambi di quel popolo delle partite Iva impoverito ulteriormente dalla trovata di superMario che, come Giulia stessa ha spiegato alla ministra, «non rispetta il criterio di progressività  delle imposte e non fa altro che aumentare la sperequazione tra i redditi». Ha ascoltato pure Flavia, 32 anni, biologa che ha lavorato perfino al Cnr di Barcellona ma non in Italia. E Susanna, 37 anni, commessa da anni e «licenziata senza giusta causa». Per lei l’articolo 18 non può nulla. «Noi – continua Giulia – difenderemo sempre l’articolo 18 però vorremo anche inventare l’articolo che tuteli quel 60% di lavoratori che non vi rientrano». Alla ministra hanno chiesto di non toccare gli ammortizzatori sociali ma soprattutto di tutelare tutti, indistintamente, con il reddito minimo garantito. La risposta di Fornero non è piaciuta alle donne precarie: «Con un tono un po’ moralizzatore e un po’ maternalistico ci ha detto che il reddito garantito non è fatto per gli italiani che sarebbero così indotti all’ozio. Luoghi comuni, banalità ». A cui OccupyWelfare ha deciso di rispondere trasformando la piazza nell’unica rappresentanza della precarietà . «Non ci sentiamo rappresentanti né dalla politica, né dalle istituzioni, né dai sindacati. Perciò monitoreremo dal basso la riforma del mercato del lavoro promessa da Fornero e ci mobiliteremo ad oltranza per riportare nelle piazze i diritti di chi non ha voce». g. ma.


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