Le mani sulla Sorical

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Sulla carta è l’uomo da battere. Ma la sua candidatura inizia ad imbarcare acqua. E non è una metafora. Perché Sergio Abramo, imprenditore, già  sindaco di Catanzaro dal 1997 al 2006, candidato della destra alla guida di Palazzo de’ Nobili alle elezioni anticipate del prossimo maggio, è anche presidente di Sorical, la società  mista che gestisce le risorse idriche in Calabria. Su cui di recente si è abbattuta una bufera giudiziaria. Che lo chiama in causa.
Le gare vinte con la ceralacca
Le gare d’appalto erano cosa loro. Da arraffare a mani basse, lasciando appena le briciole ai concorrenti. Alternando trucchi a metodi mafiosi. La famiglia Bagalà , imprenditori della piana di Gioia Tauro, specializzati nell’edilizia residenziale e nel commercio di ferramenta e termoidraulica, aveva messo nel mirino gli appalti della Provincia di Reggio Calabria e della Sorical di Catanzaro. Lavori pubblici appetitosi, una roba da decine di milioni di euro. Il sodalizio criminale vantava una corsia preferenziale grazie alla collusione di impiegati, pubblici funzionari e politici. Tutti a libro paga dei Bagalà . «Devono fare come diciamo noi» urlavano nei telefoni intercettati. E chi faceva resistenza era bell’e servito. Gli sgherri della gang bruciavano macchine, minacciavano, progettavano accoltellamenti e pestaggi. Fino a quando di traverso si è messa una donna: Maria Grazia Blefari, dirigente della Stazione unica appaltante di Reggio, che, fiutato il malaffare, ha denunciato tutto alla Guardia di Finanza. L’inchiesta Ceralacca ha così scoperchiato la pentola di una truffa orchestrata tra Catanzaro e Reggio, tra gli uffici della provincia reggina e le stanze della Sorical. Artifizi e raggiri di professionisti del crimine. Che baravano spudoratamente, aprivano le buste, le controllavano, le verificavano, facevano i calcoli e presentavano la loro offerta. Puntualmente vincente.
Un “discorso” da approfondire
È nervoso in aula, Raffaele D’Agostino, consigliere provinciale della Lista Sud, formazione che fa capo ad Alberto Sarra, sottosegretario alla presidenza della Regione, già  tirato in ballo in inchieste di ‘ndrangheta. Il consiglio provinciale è in corso proprio nelle ore in cui a Palazzo Foti (sede dell’ente intermedio) iniziano a filtrare i particolari di Ceralacca. Dalle intercettazioni risulta invero che c’erano contatti «frequenti e costanti» tra i Bagalà  e il consigliere eletto nel collegio gioiese. In una di queste, nel settembre scorso, Giuseppe Bagalà  chiama D’Agostino chiedendogli un incontro a Reggio perché «volevo, a quegli amici nostri consiglieri, esporgli il problema…». Bagalà  lo invita ad «approfondire il discorso della delibera con Alberto (Sarra, ndr)». D’Agostino risponde che gliene parlerà . Secondo gli investigatori, D’Agostino rappresentava il collante politico dei Bagalà , il latore dei loro interessi dentro l’assise provinciale, «sempre a disposizione per raccogliere le loro indicazioni». Come nell’ottobre scorso, quando Bagalà  avvisa D’Agostino che la dirigente della Suap, Blefari, stava eliminando la Ediltech dalla gara d’appalto indetta dal comune di San Lorenzo e lo spinge a contattare il presidente della Provincia, Peppe Raffa (Pdl). «Quella là  sta facendo un casino ed elimina la Ediltech senza motivo. Volevo dirgli che presidente è? Se vuole intervenire… Altrimenti intervengo io!».
La scalata
I quattro imprenditori non si accontentavano delle gare truccate. Ma volevano entrare nel grosso affare dell’acqua, subentrando a Veolia nella quota privata di Sorical. E qui entra in ballo Abramo. Perché i Bagalà  parlano della volontà  di coinvolgere nell’operazione l’attuale presidente del cda di Sorical. Una cordata per tentare la scalata alla società  idrica. Abramo nega ogni coinvolgimento («non sono mai stato interessato ad acquisire quote di chicchessia, non solo perché nella mia qualità  di presidente non avrei potuto farlo ma anche perché non è un settore che ha mai fatto parte della mia attività  imprenditoriale né del mio gruppo»). Anche se una mezza ammissione la fa («è vero che da presidente mi sono adoperato da molti mesi per sostituire Veolia che ha manifestato l’intenzione di cedere le proprie quote. Per questo motivo ho pensato ad un gruppo ancora più forte e competente nel settore»). Abramo denuncia la strumentalizzazione dell’inchiesta proprio nei giorni di lancio della sua candidatura. E di fronte alla platea dell’auditorium Casalinuovo annuncia: «Lascio le aziende di famiglia». Un gigante dell’economia calabrese, il Gruppo Abramo, una holding con tremila dipendenti e 120 milioni di euro di giro d’affari, dall’editoria ai call center. Insomma, un’oliata macchina da guerra per tornare alla guida di Catanzaro, già  amministrata per un decennio. È lui che Peppe Scopelliti, presidente di Regione e coordinatore Pdl, ha fortemente voluto per riprendersi il capoluogo dopo la scottante uscita di scena di Michele Traversa che, dopo il bagno di voti (65%) di dieci mesi fa, aveva deciso di abbandonare il campo preferendo il comodo scranno di parlamentare alle acque agitate di una città  in profonda crisi.
Al netto dell’inchiesta giudiziaria e dei tre funzionari arrestati, Sorical è un’azienda allo sbando. C’è persino chi (Mario Maiolo, consigliere regionale del Pd) chiede una commissione d’inchiesta alla luce delle vicende giudiziarie e della recente relazione della Corte dei conti che non è stata affatto tenera. 
Una società  che fa acqua
Un atto d’accusa implacabile. Tanto per cominciare «non è più rinviabile l’adozione di una legge regionale unitaria ed organica che aggiorni l’intero sistema». Come a dire che fino ad oggi si è scherzato, nelle stanze della Regione e ai piani alti di una società  che con l’acqua fa profitti. Per la magistratura contabile si impone anche «la verifica e l’aggiornamento della rete acquedottistica e la razionalizzazione dell’uso dell’acqua attraverso mirati controlli e verifiche». Per quanto riguarda gli Ambiti territoriali ottimali, «tali organismi avrebbero dovuto coinvolgere i Comuni nell’attività  gestoria ma nella realtà  calabrese questo assetto normativo non è mai stato applicato e si è determinata una sorta di extraterritorialità  del sistema». In materia di tariffe, nella relazione, è stato evidenziato che «la riduzione progressiva dello spread tra tariffa applicata alla cittadinanza e prezzo dell’acqua pagata a Sorical comporta una riduzione delle risorse comunali disponibili da destinare alla manutenzione, ammodernamento e gestione della rete comunale di distribuzione. Ciò determina, a sua volta, un peggioramento della qualità  del servizio finale, un aumento della dispersione e un peggioramento dei bilanci comunali». Le conclusioni della Sezione di controllo per la Calabria suffragano in pieno quanto portato avanti da anni dagli attivisti del Coordinamento acqua pubblica Bruno Arcuri. Insomma, è il sigillo di un fallimento gestionale. La sua ceralacca.


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