La comune dei beni

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C’è chi, come l’assessore di Napoli Alberto Lucarelli, fa risalire l’idea nientemeno che al 2007, alla commissione Rodotà  nominata dal governo Prodi per scrivere una legge sui beni comuni, che resta tuttora appesa in parlamento. E chi, come il professore fiorentino Paul Ginsborg, ricorda le molto più recenti riunioni di un think tank benecomunista proprio nello studio dell’assessore. Il manifesto «per un soggetto politico nuovo, per un’altra politica nelle forme e nelle passioni» (pubblicato alle pagine 14 e 15 e in www.soggettopoliticonuovo.it), ha una gestazione lunga. Ma alcuni momenti simbolici recenti: la campagna referendaria del 2011 sull’acqua, con 27 milioni di cittadini che dicono sì «non solo all’acqua come bene comune ma anche al paradigma di nuovi modelli di democrazia», spiega Lucarelli. Poi il decreto di agosto di Berlusconi, e i successivi due decreti per le liberalizzazioni di Monti, «tentativi sfrontati e barbari di negare il risultato di quei referendum». Di un governo, già  che ci siamo, «che agisce sotto dettatura dei poteri forti e delle multinazionali» . Il Forum dei beni comuni a Napoli, il 28 gennaio 2012, è la tappa cruciale. Si riallaccia a sua volta al forum sulla «rotta d’Europa» a Firenze all’inizio del dicembre 2011.
Insomma, il dibattito – come si conviene alla sinistra – non è certo mancato. Ma ora ci provano: si parte con un nuovo soggetto politico. Non un partito, anzi la critica ai partiti nel «manifesto» è ferocissima. Si va verso un soggetto della società  civile, pur consapevoli che i cittadini non sono immuni dai difetti dei loro rappresentanti a palazzo. Il professor Ginsborg lo sa bene visto che dai tempi dei girotondi – e cioè dieci anni fa esatti – è instancabile animatore di movimenti che fatalmente esauriscono la loro spinta propulsiva, e non solo per il muro di gomma dei partiti. Spiega Ginsborg: «Abbiamo fatto tesoro di quelle esperienze. I girotondi sono stati anni ad aspettare, a implorare che i partiti cambiassero. Oggi quel discorso è chiuso: sappiamo che i partiti sono incapaci di riformarsi. E nel manifesto proponiamo una carta dei valori, ma anche nuovi metodi di partecipazione perché siamo convinti che la democrazia non si esaurisce nella rappresentanza e nella delega». E infatti, spiega il sociologo Marco Revelli, «oltreché un’indicazione di merito, nel manifesto c’è un’indicazione di metodo, un’etica dello spazio pubblico e delle forme della partecipazione». 
L’elenco dei primi firmatari è prestigioso, ma coscienziosamente senza star mediatiche. Si nega la pratica degli ‘incontri al vertice’. Fra i promotori non c’è neanche De Magistris, che per ora resta un passo indietro, magari per farne due avanti in seguito. Il sindaco di Napoli negli scorsi mesi ha messo in piedi una vera rete di amministratori in cui sono coinvolti anche il presidente pugliese Vendola e il sindaco di Milano Pisapia. I tre però sono rappresentanti istituzionali, e «rappresentano la democrazia della prossimità », spiegano da Palazzo San Giacomo. E l’appello invece, nelle intenzioni, è della «cittadinanza attiva». Ma non è un mistero che a De Magistris piaccia parecchio l’idea di una «lista civica nazionale» da affiancare al centrosinistra classico Pd-Idv-Sel (e Federazione della sinistra, che è in giunta con lui). Sempreché il Pd non cambi alleati. Che invece un’ipotesi del genere piaccia a Vendola e Di Pietro è tutto da verificare. Per la cronaca, esce di scena uno dei padri del «listone civico», il sindaco di Bari Emiliano, causa pasticcio delle cozze pelose. 
Per questioni di ruolo non ci sono i sindacalisti: ma nel testo dei benecomunisti il riferimento alla democrazia in fabbrica parla dritto alla Fiom di Landini e al coté democratico-laburista. Proporzionalisti sfegatati, ai «benecomunisti» però non piace affatto l’accordone per il proporzionale fra Bersani-Casini-Alfano. «Una truffa», per Lucarelli, «calibrata su 3-4 partiti per far fuori gli altri».
Non ci sono percorsi precotti, giurano. Ma l’obiettivo esplicito è un nuovo soggetto politico, «non un partitino da sommare agli altri» ma comunque che punta alle elezioni. Il 28 aprile, in luogo ancora non stabilito, ci sarà  un primo appuntamento nazionale dove non escludono di dare qualche indicazione di voto per le amministrative. Poi un nuovo incontro prima dell’estate, anche se «i piccoli gruppi della democrazia orizzontale continueranno a lavorare», spiega Lucarelli. A Napoli per esempio c’è un’attivissima «costituente dei beni comuni», vincolante per le scelte comunali, che amici (e nemici) chiamano «assemblea del popolo». Il 28 sceglieranno anche nome e simbolo, a cui stanno lavorando i fiorentini. Quanto al nome, sarà  votato su una terna di proposte, ma in pole position c’è «l’Italia dei beni comuni». 


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