Bossi chiede scusa ai militanti E la platea applaude Maroni

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BERGAMO — «Sono i giorni della rabbia per l’umiliazione che abbiamo subito. I giorni dell’onta. Ma chi ha preso soldi li dovrà  restituire fino all’ultimo centesimo. Chi sbaglia, sarà  cacciato». Roberto Maroni, nella notte dell’orgoglio leghista annuncia il nuovo corso: Rosi Mauro e Francesco Belsito saranno espulsi dal movimento, il congresso federale che deciderà  il successore di Umberto Bossi sarà  anticipato, da ottobre alla fine di giugno. Solo così il Carroccio «tornerà  ad essere la potentissima Lega», con un obiettivo dichiarato: «Dobbiamo tornare al ’91 (l’anno di nascita della Lega Nord ndr) e in questo modo potremo realizzare il nostro obiettivo: alle prossime politiche saremo il primo partito della Padania, il nostro è un progetto egemone».
Lo psicodramma che va in scena alla fiera di Bergamo parte nel nervosismo. Nelle intenzioni dei promotori, la notte deve sancire la definitiva incoronazione di Roberto Maroni a leader della Lega di domani. Ma la decisione presa al mattino dai triumviri che reggono il partito dopo le dimissioni di Bossi — e cioè, che parlerà  il solo ex ministro dell’Interno — rischia di trasformarsi in un boomerang: i contestatori che si dicono bossiani interrompono il leader in pectore con frequenti esplosioni di fischi. Ma nel salone bergamasco, persino il «Capo» — che giganteggia come una figura tragica nell’autocritica sui figli «i danni sono stati fatti da quelli che portano il mio cognome. Mi dispiace enormemente» — raccoglie una triplice razione di contestazioni: quando nomina Renzo, quando tenta di raccontare come Francesco Belsito è arrivato in Lega, «portato da un ottimo amministratore come Balocchi», il predecessore del tesoriere indagato, quando parla di «complotti» dei magistrati.
Per tutta la serata, i cori «Maroni, Maroni» si contrappongono a quelli «Bossi, Bossi». Ma il leader chiude la serata proprio mentre i sostenitori inneggiano al suo nome: lui li interrompe cambiando il coro in «Lega, Lega». Una volta di più. Da vecchio leone, sia pure in una giornata di fiele.
Maroni annuncia il nuovo corso parlando di Rosi Mauro, alla quale fin dal pomeriggio erano stati dedicati cori poco amichevoli, quelli gia sentiti nella «Maroni night» del gennaio scorso, insieme con lo sbrigativo «Rosi Mauro fuori dai cogl…» e il vecchio «Chi non salta… ». «Mi dispiace — dice l’ex ministro — perché il nostro presidente aveva chiesto un gesto di dignità  a una persona che gli ha risposto “No”. Quella persona è Rosy Mauro. Ma se non si dimette, ci penserà  la Lega a dimetterla. Così, finalmente, potremo avere un sindacato padano vero…».
Questo, prosegue Maroni, non significa che nel Carroccio si «aprirà  la caccia alla streghe. Però, per ripartire ci vuole pulizia». Più tardi, metterà  mano anche lui, dal palco, a una dello scope verdi simbolo della manifestazione. Il leader dei barbari sognanti enuncia le regole della nuova lega: «Primo, i soldi devono arrivare alle sezioni. Secondo, meritocrazia. Terza regola, largo ai giovani. Quarto, fuori chi viola lo statuto e il codice morale della Lega». Poi, Maroni ne aggiunge un’altra, senza numero: «Chi rompe le palle, fuori dalle palle».
Ora tocca al Capo. Che esordisce strappando la prima ovazione: «Quando ci troveremo di fronte al Padreterno, ci chiederà  quanto volte abbiamo saputo cominciare da capo». Tutto il suo intervento è giocato sulla spiegazione ai militanti di quanto è successo, un’autocritica sui figli, sul cerchio magico («che non esiste»), su Belsito che «non mi sembrava lombardo». Dice di avergli detto: «Sei matto a investire a Cipro, che è dove investe la mafia…». 
Il finale è orgoglio padano. «La Lega — dice Bossi — perde solo quando si divide. Se stiamo uniti non c’è un santo che tiene». Poi, partono i cazzotti affettuosi e gli abbracci con Maroni. «Non è un traditore» ripete il vecchio leader. Il nemico è un altro, quello di sempre: «Si riparte a testa basta contro il centralismo canaglia di Roma».


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