«L’orgoglio da italiana dopo 20 anni di sfide»

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Il lungo percorso che ci ha portato a questa scoperta è seminato di difficoltà  e di sfide di ogni genere. Sono felice di avere potuto partecipare ad ogni fase di questa impresa straordinaria, dalla ricerca e sviluppo di prototipi di rivelatori agli inizi degli anni novanta, al disegno dell’apparato Atlas, alla sua costruzione e collaudo, fino alle prime emozionantissime collisioni dei fasci dell’acceleratore Lhc nel dicembre 2009.
L’Italia ha giocato un ruolo fondamentale nel progetto Lhc attraverso l’Infn, l’Istituto nazionale di fisica nucleare, che a mio avviso è un fiore all’occhiello della ricerca italiana. L’Infn ha dato contributi intellettuali di altissimo valore, tecnologia, mezzi, cervelli, trascinando in questa avventura anche l’industria del nostro Paese.
Ho avuto la fortuna di ricevere la mia educazione in fisica delle particelle in Italia, un Paese che ha grandi tradizioni in questo campo e una scuola solidissima e di ampio respiro. Me ne sono resa conto quando nel 1994 sono approdata al Cern con una borsa di studio per giovani fisici, e ho potuto constatare direttamente quanto bravi e stimati siano gli scienziati del nostro Paese. Modestia a parte, non siamo secondi a nessuno. La nostra scuola di fisica continua a sfornare ancora oggi giovani brillanti, fra i migliori al mondo. Come fisico italiano all’estero è per me fonte di grande rincrescimento constatare quanti di questi giovani oggi siano costretti ad emigrare all’estero, andando letteralmente a ruba in paesi come la Francia, la Germania e gli Stati Uniti, a causa della mancanza di posti nel nostro Paese e allo spettro del precariato. Si tratta di una vera e propria diaspora, non bilanciata da un flusso di ricercatori stranieri nel nostro Paese. 
Molteplici sono gli aspetti del mio lavoro in Atlas che trovo affascinanti. Gli scopi scientifici, innanzitutto, volti ad affrontare domande fondamentali sulle particelle elementari e di conseguenza sulla struttura e l’evoluzione dell’Universo. Per realizzare gli obiettivi che ci siamo prefissati abbiamo dovuto sviluppare tecnologie di punta, all’avanguardia in molti settori che hanno poi trovato applicazioni in altri campi, dall’industria alla strumentazione per la diagnostica medica.
Aspetto affascinante e stimolante dal punto di umano è l’ambiente veramente «globale» di questi progetti. Atlas consiste di 3000 fisici provenienti da 38 Paesi. Si tratta non soltanto di un progetto scientifico ambiziosissimo, ma anche di un’avventura umana unica, per me molto arricchente e stimolante. E la dimostrazione che persone diverse per cultura, tradizioni e stili di vita possono lavorare insieme raggiungendo traguardi straordinari. Da questo punto di vista l’Lhc rappresenta la realizzazione di una delle missioni primarie del Cern, quella di riavvicinare i popoli attraverso la scienza. Circa un terzo degli scienziati di Atlas sono studenti di dottorato. Con la loro competenza, entusiasmo e determinazione rappresentano la forza motrice dell’esperimento. Per me personalmente, come coordinatrice dell’esperimento, questi giovani sono una fonte di motivazione che mi permette di andare avanti con fiducia anche nei momenti più difficili. Come ogni scoperta, il risultato annunciato ieri apre nuovi orizzonti e solleva nuove domande. Il cammino della conoscenza è lunghissimo, infinito. E bisogna affrontarlo con umiltà , determinazione ed entusiasmo.
* coordinatrice
esperimento Atlas


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