Newsweek Basta carta, solo web per la bandiera “liberal”

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Quello che Richard Nixon non era riuscito a fare, ha fatto Internet: Newsweek, il grande settimanale americano che pubblicava dal 1933 e che aveva fatto tremare un presidente nel caso Watergate non uscirà  più nelle edicole. Dall’autunno, sarà  pubblicato soltanto online. Il ricavato delle vendite e della pubblicità  non compensava più il costo della carta, della distribuzione e del lavoro.
Newsweek non è la prima, e non sarà  certamente l’ultima, pubblicazione importante a raggiungere il cimitero di carta per tentare di sopravvivere e di risorgere in forma soltanto elettronica. Anche i nomi più celebri e illustri del grande giornalismo americano, come il
New York Times o il Washington Post hanno subito da tempo, pur senza abbandonare la stampa tradizionale, violente cure dimagranti che ha ridotto a poche pagine gli antichi e deliziosi pacchi di inserti e di magazine che li rendevano, soprattutto nelle edizioni domenicali, un passatempo per l’intera giornata. Ma nessuno dei caduti sul fronte della guerra fra i metodi tradizionali e i nuovi di fare informazione aveva il pedigree e la storia di questo settimanale che ancora dieci anni or sono, nel 2002, aveva sfiorato i tre milioni di copie vendute e si era avvicinato al proprio massimo concorrente, Time.
La sua storia, nata nel 1933 dall’idea di un inviato di politica estera proprio di Time che aveva ottenuto il notevolissimo, per i tempi, finanziamento di un milione e mezzo di dollari, aveva scandito passaggi fondamentali della vita americana. Tra i suoi finanziatori, c’era il finanziere Andrew Mellon, un fiero conservatore che certamente non intendeva coltivare un albero che avrebbe prodotto frutti di gusto assai diverso dai suoi. Il deciso cambio di direzione politica avvenne nel 1961, quando il settimanale fu ceduto e acquistato dalla signora che aveva ereditato il Washington Post, Katherine Graham. L’ereditiera e proprietaria anche di tre stazioni televisive locali — il massimo consentito dalla legge americana — fece di Newsweek uno dei punti di riferimento dei “liberal”, del progressismo filo democratico, molto più disinvolto e spregiudicato del compassato avversario, Time.
Sempre schierato con i candidati democratici, da Roosevelt nel 1936 fino a Obama nel 2008, al quale dedicò dodici copertine, all’inizio degli anni ‘70 era sceso in campo ad armi spianate per appoggiare le inchieste del fratello giornale quotidiano, del Washington Post, contro l’esecrato Nixon.
Per rappresaglia, la Casa Bianca aveva messo i suoi giornalisti nella «lista dei nemici», passata all’Irs, al fisco americano e aveva chiesto al ministro della Giustizia di studiare l’ipotesi di un procedimento antitrust per imporre alla proprietaria di venderlo o di chiuderlo, sotto la minaccia di negare la concessione pubblica alle tre stazioni tv, le più redditizie. Nixon perse la sua battaglia e non piangerebbe oggi, se fosse ancora vivo, nel vedere il mortale nemico di ieri soccombere ai tempi. Nonostante una base di un milione e seicentomila copie nel 2009, ancora gigantesca per gli standard di altre nazioni, la casa madre, l’editrice del Post aveva perso decine di milioni in mancata pubblicità  negli anni dopo il 2008, accumulando debiti per 70 milioni di dollari che le vendite non potevano ripianare. Da qui nacque la decisione di cederlo, per un solo, simbolico dollaro, al miliardario Sidney Harman, fondatore di una importante società  di prodotto audio, la Harman Kardon, marito di una deputata democratica della California, che ne garantiva il mantenimento della linea ideologica. Ma anche la tasche del signor Harman non sono senza fondo e Newsweek, dopo essere stato fuso con il Daily Beast, un sito di informazione unicamente per la Rete, sarà , di fatto, inghiottito dalla “beast”.
Già  la direttrice, Tina Brown, l’aveva decisamente dirottato dalla seriosità  brillante, ma classica, del giornalismo politico nazione e internazionale, al gossip e ai cosiddetti “temi sociali”, riuscendo a scontentare tanto il pubblico tradizionalista quanto quello più curioso di notizie leggere. Il suo ultimo hurrà , dopo il duello all’ultimo sangue con Nixon, fu l’investigazione che portò allo scandalo Lewinsky e quindi al processo contro Clinton, che Newsweek scoprì, ma esitò a pubblicare in attesa di conferme solide.
Il suo scoop fu rubato proprio da un sito Internet di estrema destra, il Drudge Report, che lo pubblicò senza scrupolo. Fu quello il segnale che per il glorioso settimanale era suonata la campana. La stessa che aveva battuto quasi 80 anni or sono quando aveva scoperto la forza dell’immagine sulla parola e aveva fatto la prima copertina con un collage di sei fotografie. Nel darwinismo implacabile del mercato editoriale, ciò che fai agli altri sarà  fatto a te.
Newsweekmuore affinché l’informazione continui a vivere.


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