Rivolta contro Twitter: “Censura i messaggi”

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NEW YORK – Jack Dorsey inventò Twitter mangiando un tacos su un’altalena: ma i wanton fritti gli stanno facendo andare l’Uccellino di traverso. Dicono che il capo del socialforum delle rivoluzioni abbia avuto adesso la malaugurata idea di cedere alla censura proprio durante l’ultimo viaggio in Cina. Il giovane imprenditore, che all’inizio del mese è volato a Shanghai, s’è accorto di persona quanto difficile fosse twittare dal mondo del Dragone. Colpa della censura di Pechino: che teme un’ondata di messaggini come quella che inondò la Teheran degli ayatollah e poi con la Primavera araba ha spazzato via i regimi mediorientali. Così quando il sito, l’altro giorno, ha annunciato di essere pronto a togliere i messaggi scomodi nei paesi che lo richiederanno, tutto il web è insorto. E molti hanno visto nell’audace mossa la voglia matta di compiacere Pechino.
La reazione è stata durissima. E già  oggi in rete potrebbe scatenarsi il primo boicottaggio: lanciato proprio su Twitter al grido di «TwitterBlackout». Lo slogan l’ha coniato l’artista dissidente cinese Ai Weiwei.
Naturalmente nei 140 caratteri consentiti: «Se Twitter comincia a censurare io smetto di twittare». «Twitter ci sta svendendo» ha tuonato dall’Egitto l’attivista Mahmoud Salem. «Sono spaventato che sia uno scivolo verso la censura» ha detto dal forum economico di Davos il guru dei media Jeff Jarvis.
Su Twitter ha viaggiato l’Arab Spring, è cominiciata Occupy Wall Street e continua a vivere Wikileaks scacciata dal web.
Figuriamoci la rabbia del mondo web di fronte alla spiegazione dell’azienda che l’amministratore delegato Dick Costolo aveva definito «l’ala della libertà  di parola nel partito della libertà  di parola». Finora, spiega una nota molto meno svolazzante del gruppo, non eravamo in grado di bloccare i contenuti in un particolare paese: adesso sì.
«E continuando a crescere internazionalmente entriamo in paesi che hanno idee differenti sui confini della libertà  d’espressione». Frase che lascerebbe pensare appunto alla Cina.
Ma che è accompagnata da un esempio: paesi come Francia e Germania, si legge, che vietano la diffusione di contenuti nazisti. E dove invece Twitter sarebbe pronta ad aprire uffici locali.
Twitter assicura che lavorerà  d’intesa con un’organizzazione chiamata “Chilling Effect” conosciuta per le sue battaglie per la libertà  d’espressione. E su questo sito «autodenuncerà » le sue censure: spiegando che i contenuti vengono bloccati su richiesta del paese di turno. Come fa del resto già  Google. Anche Facebook blocca i suoi contenuti in certi paesi. E che non sia (solo) la Cina al centro delle preoccupazioni sembra chiarirlo sempre la nota del gruppo: «Alcuni paesi differiscono così tanto dalle nostre idee che lì non potremmo mai esistere». Anche perché c’è un problema di mercato: da Sina a Tencent i cinesi hanno già  i loro canarini che funzionano benissimo.
La verità  è che il blocco parziale dei contenuti sembra finora il male minore per navigare nel mare delle diversissime leggi di tutto il mondo. L’Uccellino vanta oggi 100 milioni di utenti: ma punta al miliardo perché questo splendido strumento d’espressione diventi anche profittevole – con la pubblicità . Non si vive di solo tacos, i wanton fritti sono indigesti. Sarà  un male minore: ma anche lo stomaco di un Uccellino prima o poi si abitua.


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