Poste, sanità  e cultura più spazio ai privati Scuola, concorso per 12 mila

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ROMA — Chi pensava di trovarci dentro gli annunci degli ultimi giorni è rimasto deluso. Tra le 120 «azioni in programma» secondo l’«agenda del governo» per l’«obiettivo crescita» non c’è la riduzione del cuneo fiscale, cioè delle tasse sul lavoro, di cui aveva parlato Elsa Fornero. E nemmeno l’azzeramento dell’Iva per le infrastrutture pensato da Mario Ciaccia, che viene degradato a semplice «misura allo studio» nel documento portato a Palazzo Chigi da Corrado Passera. L’ennesimo segnale di come tra la proposta di un singolo ministro e la sua trasformazione in un atto del governo c’è sempre di mezzo il solito scoglio, quello delle risorse disponibili.
Lo stesso problema affrontato quando i ministri hanno parlato della proroga per il pagamento delle tasse nelle zone terremotate di Emilia Romagna, Lombardia e Veneto. Per il momento ci sarà  un rinvio di soli due mesi, dal 30 settembre al 30 novembre, e non fino a giugno dell’anno prossimo come avevano chiesto i presidenti delle tre Regioni. Ma in quelle diciotto pagine uscite da Palazzo Chigi ci sono comunque novità  importanti. A partire dalle liberalizzazioni. Dice il documento del governo che «occorre creare spazi nuovi per la crescita di iniziative private, attualmente bloccate» da una «presenza pubblica invadente e spesso inefficiente». Tre gli esempi: «Si pensi al settore postale, ai beni culturali e alla sanità ». Con un’attenzione particolare proprio alla cultura, dove «è necessario uscire da una logica meramente assistenziale e favorire la partnership pubblico-privato». Mentre sulla sanità  si lavora ad una riforma dell‘intramoenia, la libera professione all’interno degli ospedali, e ad un intervento sulle assicurazioni dei medici.
Un capitolo riguarda la famiglia: l’obiettivo è «rivedere le detrazioni fiscali» a loro vantaggio, anche con l’obiettivo di «favorire la natalità », da anni tra le più basse d’Europa. Ma il cuore dell’agenda sta nelle misure di cui ha parlato Passera: i decreti per l’agenda digitale e per le start up, l’avvio delle nuove imprese, che potrebbero arrivare sul tavolo del prossimo consiglio dei ministri. E poi il nuovo capitolo delle semplificazioni, le norme per attirare gli investimenti esteri, il piano per gli aeroporti con una mappa da sottoporre ad una consultazione nazionale via Internet, sul modello di quanto fatto per l’abolizione del valore legale del titolo di studio. 
E anche il piano energetico, capitolo al quale Mario Monti tiene parecchio e che dovrebbe contenere anche le nuove regole sui pedaggi autostradali, seguendo la regola del «più inquini, più paghi». Tra le 120 azioni in programma — una media di una ogni due giorni, se il governo dovesse arrivare a scadenza naturale — non ci sono le nuove regole sui conflitti di interesse, che pure venivano citate in una prima bozza. Mentre è stato riscritto il passaggio sul disegno di legge anticorruzione che nella prima versione era più articolato ed è stato ridotto alla semplice formula: «approvare in via definitiva il ddl». Proprio in questo testo potrebbero entrare le norme per regolamentare l’attività  delle lobby. Mentre si «valuta la possibilità » di potenziare degli organici della Cassazione e delle Corti d’appello, specie al Sud, per smaltire l’arretrato dei processi civili.
Diventa certezza il più volte annunciato concorso per la scuola, il primo dopo 13 anni, che dovrebbe portare all’assunzione di 12 mila insegnanti fra un anno. Di «azioni in programma» ce ne sono altre ancora ma nella maggior parte dei casi più che di nuove leggi si tratta di dare piena attuazione alle riforme già  approvate, come quella sul lavoro, che va estesa al settore pubblico, o come il primo capitolo della spending review, «attivando il processo di mobilità  del personale in eccedenza» per tagliare le piante organiche della pubblica amministrazione. Del resto è lo stesso governo a riconoscere, nella lunga introduzione al documento, di aver «adottato 84 provvedimenti», di cui 26 decreti legge «con ricorso frequente al voto di fiducia imposto dalle circostanze eccezionali». Poche righe dopo dice anche di aver «ricercato la consultazione delle parti sociali». E chissà  cosa ne penseranno i sindacati.


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