A Valencia ora va il «tour dello spreco»

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MADRID — Fortuna che Frau Merkel, attesa domani alla Moncloa, non si fermerà  in Spagna anche nel fine settimana. Se passasse da Valencia potrebbe rovesciare i suoi piani. Al momento la cancelliera sembra intenzionata a consegnare al governo di Mariano Rajoy un’altra serie di compiti a casa (tagli, tasse e sacrifici), ma anche il suo benestare al soccorso europeo di casse statali ormai vuote. Se invece si trattenesse sino a sabato e si iscrivesse al «tour dello spreco» di Valencia (http://rutadespilfarrovalencia.wordpress.com) rischierebbe di ripensarci.
Si parte alle 15.30 davanti a un negozio di caramelle e, per non ripetere gli errori che ci hanno portato sin qui, costa poco: 4 euro per 2 ore e mezza di tour con autobus e guida. Il «tour dello spreco» è un viaggio nelle contraddizioni degli ultimi decenni spagnoli. Li si tocca con mano. Li si guarda da vicino. Come farebbe un bravo giornalista, ma con un tocco di teatralità  in più che non guasta. Il primo impatto, ad esempio, è con la magnificenza della Ciudad de las Artes y de las Ciencias, il nuovo bellissimo complesso museale dedicato alle scienze e alle arti. Difficile criticare un’opera così, ma il «tour dello spreco» mostra anche l’altra faccia della medaglia. Giusto il tempo di salire in autobus e la guida annuncia al microfono «una delle 150 scuole elementari di Valencia ancora relegate in container o prefabbricati».
Qualche minuto di viaggio ancora e, cifre alla mano, il tour porta a riflettere sul circuito di Formula uno che ha abbattuto palazzi e asfaltato aree del porto antico senza alcuna utilità  per lo sviluppo urbanistico della città . O sugli enormi hangar della Coppa America che hanno dato notorietà  alla città , ma non sono più serviti a nulla e devono ancora essere abbattuti. O i moli turistici che avrebbero dovuto accogliere chissà  quali lussuosi yacht e invece sono deserti. O un magniloquente «Centro internazionale di ricerca scientifica» perfettamente terminato con fondi europei, ma mai inaugurato. Serve solo a dar lavoro a un paio di guardiani. Il «tour dello spreco» non dimentica neppure i palazzoni condominiali e per uffici completamente vuoti costruiti con denaro allegramente prestato dalla Cassa di risparmio locale, la Bancaja.
Un partecipante italiano non fatica a riconoscere le dinamiche clientelari che hanno portato a questi sprechi. Gli organizzatori del tour sono attivisti locali, indignati ancora prima che nascesse il movimento ispirato al libro di Stéphane Hessel. Lamentano la stagnazione politica, il governo locale (targato Partido Popular) che non ha mai cambiato colore, ma che ha permeato di sé tutti i gangli della società , dalla finanza alla cultura.
A Valencia aveva sede Bancaja, una delle principali casse di risparmio confluite in Bankia. Era la seconda dopo Caja Madrid per clienti e per debiti. Invece d’essere salvata, Bancaja ha affondato la nuova entità  finanziaria con i suoi mutui inesigibili. È così che Bankia ha dovuto chiedere circa 23 miliardi di ricapitalizzazione all’Europa.
A Valencia c’è uno dei governi regionali, «autonomici» dicono in Spagna, con più debito. Ha appena chiesto un salvataggio al governo centrale per oltre 6 miliardi, pena il blocco al pagamento di stipendi e fornitori visto che le casse sono vuote. Gli attivisti del «tour dello spreco» forniscono esempi, raccontano processi, denunce, sospetti di corruzione, le fatture astronomiche dell’architetto dei tempi d’oro Calatrava. Oggi sul loro autobus ci sarà  anche una troupe della Bbc per raccontare del buco nero spagnolo dal buco nero valenciano.
Quello che forse manca al «tour dello spreco» è un po’ di prospettiva. I giardini ricavati dalla deviazione del fiume che avvolgeva la città  sono stupendi, hanno cambiato la vita urbana e assieme alla Città  della scienza rendono Valencia una meta turistica che vale di per se stessa.
Per noi italiani abituati agli scandali e alla mala gestione fa differenza. Anche noi siamo pieni di debiti, ma rispetto alla Spagna degli ultimi trent’anni non abbiamo ricostruito in meglio il Paese. Non tutto è da buttare, neppure a Valencia. Importante, però, è che Frau Merkel non vada mai al «tour dello spreco».
Andrea Nicastro


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