«Sciogliete le milizie». La svolta di Tripoli

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BENGASI — A vedere da vicino lo sparuto manipolo di soldati della «Prima Divisione di Fanteria» che da sabato mattina presidiano la caserma appena saccheggiata si fatica a credere che la svolta sia infine arrivata. Dal governo di Tripoli ieri era giunta una richiesta secca: tutte le milizie devono smobilitare. Davvero l’esercito regolare sta finalmente sostituendosi alle squadre della rivoluzione? Davvero siamo alla fine dell’anarchia? Qui i soldati sono sdraiati su materassi impolverati in un cortile punteggiato di macerie, vestiti abbandonati, stivali sfondati, coperte luride. Il loro comandante, Hillal Mraja al Ghitani, 48 anni, ha perso la gamba destra, tranciata da una scheggia il 13 ottobre 2011, mentre combatteva nell’assedio di Sirte. Una settimana dopo Gheddafi sarebbe stato linciato in un delirio di caos e vendette sanguinarie a poche centinaia di metri da dove lui rimase ferito. Ora i suoi uomini hanno l’ordine di sparare nel caso i miliziani della brigata «Ansar Al Sharia», accusata da alcune fonti americane e locali di aver partecipato all’attacco contro il consolato di Bengasi che la notte dell’11 settembre ha portato alla morte dell’ambasciatore Christopher Stevens, tentassero di riprendersi la caserma. «Ma non credo torneranno. La popolazione di Bengasi li ha scacciati. D’ora in poi basta con le milizie», dice con un’ombra di strafottenza.
È uno scenario già  visto. A Tripoli i capi del nuovo governo rivoluzionario ogni tanto alzano la voce, pressati dai Paesi Nato, promettono che integreranno nel nuovo esercito le centinaia tra brigate e gruppi armati che dallo scoppio delle rivolte dominano il Paese. Salvo poi tornare tutto come prima. Basti per tutti il caso delle milizie più forti a Misurata, dove hanno creato una sorta di mini Stato nello Stato, e quelle di Zintan, che addirittura stanno conducendo in autonomia il processo contro il figlio di Gheddafi, Saif Al Islam, senza rendere conto al governo centrale che vorrebbe trasferire il procedimento a Tripoli.
Eppure, per la prima volta, ci sono segnali che fanno sperare in un cambiamento reale. Nelle ultime 48 ore il governo dalle parole è passato ai fatti. Fondamentale la rabbiosa sommossa popolare di Bengasi venerdì sera, quando migliaia di persone (pare oltre 30.000) hanno attaccato le basi delle milizie e aperto la strada ai gruppi più bellicosi che hanno scacciato i circa 200 uomini di Ansar Al Sharia. Non si esclude vi sia stato un forte intervento da Washington, e comunque già  sabato sera il portavoce del Parlamento, Mohamed al Megaryef, ha annunciato la volontà  di «sciogliere tutte le brigate e formazioni armate che non siano sotto la legittimità  dello Stato». Nelle ore seguenti anche la popolazione di Derna si è rivoltata. Un passo importantissimo. Derna, nel cuore della Cirenaica verde (non solo per la ricca vegetazione e le montagne), è da sempre la capitale dei gruppi più legati al fondamentalismo radicale. Da qui partivano negli anni 80 i volontari della Jihad internazionale contro i sovietici in Afghanistan. Poi Gheddafi ci veniva a reclutare i kamikaze da mandare in Iraq. «Se in Libia ci sono colonne di Al Qaeda, Derna è uno dei covi», sostengono a Bengasi. Eppure anche qui la folla ha attaccato le basi del gruppo locale di «Ansar Al Sharia» (autonomo rispetto all’omonimo a Bengasi) e della brigata «Martiri di Abu Selim». Nelle ultime ore i loro leader hanno annunciato la volontà  di sciogliersi. A Tripoli le ancora minuscole unità  dell’esercito regolare hanno ricevuto l’ordine dal nuovo capo di Stato maggiore, Youssef al-Mangouch, di attaccare la base di una milizia particolarmente minacciosa nei pressi dell’aeroporto internazionale. Il passo è ovvio, più volte nell’ultimo anno lo scalo è stato al centro di tensioni che hanno costretto al blocco del traffico aereo. Il nuovo premier, Mustafa Abu Shagour, nominato il 12 settembre dopo una lunga trattativa seguita alle elezioni parlamentari del 7 luglio, cerca in ogni modo di voltare pagina. Ieri nel pomeriggio ancora a Bengasi altre due milizie hanno annunciato che verranno assorbite nelle forze di sicurezza nazionali. Megaryef è volato in città  per costituire un ufficio addetto all’operazione. Sarà  la volta buona? La risposta giungerà  solo nelle prossime settimane.


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