Lo spread dell’evasione? Con i pagamenti tracciabili

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La società  di cui è presidente, la Sia, è leader nella progettazione e gestione di infrastrutture di pagamento. Sui suoi sistemi passano 8,1 miliardi di transazioni con carte di credito o debito (la Sia ne gestisce 63 milioni) e 22,3 miliardi di scambi finanziari ogni anno. Tra le mani Tresoldi ha un grafico: «È l’indice dell’emersione». O, vista dall’altro lato, dell’evasione fiscale. Il grafico è composto da due linee: una rappresenta il Pil, la ricchezza prodotta dal Paese, l’altra i pagamenti elettronici. Fino a gennaio si comportano come fossero una linea unica, poi si divaricano nettamente: «E’ il momento in cui è entrato in vigore l’obbligo di tracciabilità  per i pagamenti superiori ai 1.000 euro».
A guardare quel grafico sembra che gli italiani abbiano scoperto all’improvviso le carte di credito e i bancomat. In realtà  la legge che li ha solo costretti a utilizzarle. E ha costretto i negozianti e i professionisti a non accettare più contanti oltre i 1.000 euro. «Pagamenti che prima non lasciavano traccia». Il nero, insomma. «Un altro scostamento — racconta il presidente della Sia — si era notato qualche anno fa con l’ introduzione della non trasferibilità  degli assegni». Questo, a detta di Tresoldi, prova che la tracciabilità  è la soluzione giusta per combattere l’evasione. E «l’innovazione — aggiunge — è l’alleato più importante. I pagamenti di nuova generazione costituiscono una leva formidabile».
Se il principio è meno contanti circolano più è difficile fare il «nero», allora però bisogna anche far sì che la moneta elettronica diventi di uso comune. L’Italia con appena 66 pagamenti annui procapite è molto indietro rispetto non tanto agli Usa, che è a quota 347, ma alla Spagna che è a 122 e alla Francia che è a 263. Da questo punto di vista una svolta ci sarà  nel 2014 con l’abbassamento a 50 euro della soglia di tracciabilità . L’innovazione si sta rivelando fondamentale per i micropagamenti. «Si possono effettuare con il telefonino — osserva il presidente della Sia —. In tasca tutti ne hanno uno». E’ vero, ma non tutti i negozianti però hanno un Pos, un terminale per pagare con una carta, e tantomeno con i cellulari. E’ un problema di commissioni troppo alte, dicono. «Annullarle non si può — spiega Tresoldi — perché si tratta di un servizio che ha un costo industriale. Però — ammette — si può lavorare per rendere le commissioni decrescenti al crescere delle transazioni e comunque bisogna che non incidano sui micropagamenti». Tuttavia a frenare davvero i negozianti è «la tracciabilità  â€” assicura il presidente della Sia —. Non tutti vogliono la trasparenza». E il Pos, alleato fondamentale nella lotta all’evasione, diventa così il principale ostacolo. «Per i registratori di cassa — ricorda Tresoldi — ci fu l’obbligo di legge. E vennero pure concessi gli incentivi».
Federico De Rosa


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