«Iva e Irpef, da Monti sì a modifiche»

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ROMA — Se non stravolta, profondamente cambiata. Mario Monti ieri ha preso atto che non saranno pochi i ritocchi alla legge di Stabilità  e che persino l’ossatura della legge a lui cara, con lo «scambio» Iva-Irpef, la prima che sale di un solo punto, il secondo che inizia a scendere per i redditi bassi, sarà  probabilmente messa in discussione e modificata dal Parlamento.

A Enrico Letta e Pier Ferdinando Casini, che ieri a Palazzo Chigi si sono confrontati con lui, il capo del governo ha ribadito che le modifiche dovranno avvenire a saldi invariati, con le dovute coperture, ma alle obiezioni tecniche e politiche dei due partiti non ha resistito più di tanto: sulle detrazioni sui mutui, le misure sulla scuola, così come su Iva e Irpef, potrebbero arrivare correzioni. Il premier non assisterà  inerme allo stravolgimento del provvedimento, ma è ormai consapevole che arriveranno modifiche di peso e che alla fine la legge approvata da Camera e Senato sarà  non poco diversa da quella ideata dal ministro dell’Economia e varata dal governo.
È la prima volta che un provvedimento del governo viene profondamente messo in discussione da tutti e tre i partiti della maggioranza. Sembra che Monti abbia ammesso che il messaggio che si voleva mandare, con un primo calo dell’Irpef, è andato a vuoto. Almeno da parte del Pd si è contestata anche la filosofia, oltre che l’equità , di alcune misure: restringere il campo delle detrazioni per esempio, in un Paese che soffre di economia in nero, significa limitare un certo tipo di cultura fiscale, che deve puntare all’emersione di tutte le spese possibili.
Nell’incontro con Letta il presidente del Consiglio ha voluto toccare con mano quanto sia profonda la critica al ddl che si fa in casa Pd e quali sono gli argomenti (detrazioni e scuola) che più stanno a cuore a Bersani. Proprio ieri, il responsabile economico del partito, Stefano Fassina, ha ribadito i suoi calcoli («la legge aumenta, non diminuisce, il carico fiscale») mentre il segretario ha detto che «la scuola, di cui abbiamo bisogno, è frastornata. Fermiamoci un attimo». Appena uscito da Palazzo Chigi, Letta ha aggiunto invece queste parole: «Il Pd ha espresso le proprie riserve sulla scuola, che in questi anni è già  stata troppo tartassata, e sul fisco, per non danneggiare le fasce deboli della popolazione, specie sui mutui per le prime case».
Nonostante tutto «siamo fiduciosi che alla fine si troverà  un’intesa», dice Letta. Una fiducia che cresce nelle parole di Pier Ferdinando Casini, per il quale il Professore «è aperto a modifiche su Irpef e Iva». Bisognerà  vedere però in quale modo, perché annullare entrambe le misure, come vorrebbero sia nel Pd che in alcuni settori del Pdl, comporterebbe un saldo negativo di circa due miliardi di euro.
Il leader dell’Udc ha insistito soprattutto sul tetto alle detrazioni, troppo penalizzante per le famiglie a basso reddito: «Temiamo che l’abbassamento dell’Irpef, contemporaneamente con l’operazione sulle detrazioni, possa finire per penalizzare le famiglie monoreddito. Abbiamo quindi ipotizzato un intervento per le famiglie, che possa salvare le detrazioni».
Oggi toccherà  al Pdl, che a cena, a Palazzo Chigi, porterà  Silvio Berlusconi e Angelino Alfano, accompagnati da Gianni Letta. «Nella legge di Stabilità  ci sono delle cose che sono urgentemente da riparare», ha dichiarato ieri il segretario del Pdl, «non vanno bene le scelte che sono state fatte di aumento dell’Iva, di revoca delle detrazioni, che è una violazione inaccettabile del patto fiscale, e anche in materia di scuola noi consideriamo che ci siano errori che vanno immediatamente e urgentemente riparati». E domani toccherà  a Bersani.


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Il lavoro da difendere, il lavoro da cercare, il lavoro da stabilizzare, il lavoro per dare futuro e certezza a donne, uomini, giovani e non più giovani. Dovrebbe essere un concetto banale, invece soloproporre il tema come priorità  è obiettivo tutt’altro che scontato. In sostanza possiamo dire che la crisi, la grande crisi del mondo, quella ignorata per tre anni dal governo appena “uscito” e sottovalutata dal duo Francia – Germania in Europa, è crisi figlia dell’aver spostato dal lavoro alla finanza, dall’eguaglianza alla diseguaglianza le finalità  del “mercato”, se è questo: la scelta dovrebbe essere netta ed evidente, riportare al centro il lavoro; il lavoro produttore di ricchezza, non il denaro. All’esploderedella crisi l’invocazione diffusa era riproporre il governo politico economico del mercato, le regole.

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