Trovato impiccato in bagno a 10 anni

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ROMA — Il pianto di una nonna invade il cortile del palazzo a San Giovanni. Pochi istanti e a quella disperazione si aggiunge il lamento del marito. Davanti a loro, sul divano del soggiorno, c’è un medico — un vicino di casa che abita al piano di sopra — che si affanna, cerca di salvare la vita del loro nipotino di 10 anni. Ma il piccolo è pallido, già  non respira. È morto: sul collo ci sono i segni lasciati da una sciarpa che poco prima il bambino aveva annodato a una trave sul soffitto del bagno lasciandosi poi cadere, forse da uno sgabello o dal water.
Una tragedia immane, capace di annichilire chiunque e anche i nonni che ieri, alle 15.30, hanno chiesto aiuto al medico supplicandolo di scendere per salvare il ragazzino. Il nonno l’aveva già  liberato da quella specie di cappio sufficiente a strangolarlo e l’aveva portato in braccio fino al soggiorno sperando in un miracolo che non c’è stato. Quando il vicino si è precipitato nell’appartamento per il piccolo non c’era purtroppo niente da fare. Inutile anche l’intervento di un’ambulanza del 118, chiamata da altri inquilini del palazzo.
La stessa scena si sono trovati davanti poco dopo i poliziotti del commissariato San Giovanni e quelli della Squadra mobile che ora indagano sui motivi del suicidio. Perché anche se sembra assurdo pensare che a 10 anni ci si possa togliere la vita volontariamente, è proprio questa la pista principale seguita dagli investigatori diretti da Renato Cortese. Non si escludono tuttavia altre ipotesi, come quella di un tragico gioco, forse un gesto di emulazione imparato chissà  dove e da chi.
«Nostro nipote era tranquillo, un bambino a posto che non aveva problemi — hanno raccontato i nonni sotto choc alla polizia —. Si era chiuso in bagno da qualche minuto, ma non tornava e così ci siamo preoccupati. Siamo andati a vedere, lo abbiamo chiamato, ma niente. E allora abbiamo sfondato la porta. E lui era lì, privo di sensi». La Scientifica ha analizzato con cura il bagno e il soggiorno del loro appartamento — che si trova in una zona residenziale del quartiere — insieme con la stanza dove il bambino dormiva quando stava con i genitori della madre. Gli investigatori non hanno trovato niente che possa spiegare un gesto simile o quantomeno dare qualche indicazione utile. «È difficile comprendere cosa abbia potuto spingerlo a uccidersi perché è già  complicato intuire i pensieri di un bambino. E una storia come questa lascia senza parole», spiega un poliziotto.
Agli investigatori non è rimasto che ricostruire le dinamiche familiari, ascoltando anche la madre e altri parenti: con i genitori in via di separazione, il ragazzino era rimasto a vivere con la madre e ogni tanto andava dai nonni. Che ci sia un collegamento con il suicidio? Che soffrisse questa rivoluzione nella sua giovane vita? La polizia non si sbilancia, anche perché proprio i nonni, unici testimoni della tragedia, non hanno parlato di evidenti problemi per il loro nipotino. «È una tragedia sconvolgente, ma non ci sono elementi penalmente rilevanti», sottolineano ancora gli investigatori. Come a dire: se il piccolo è morto, per il codice penale non è colpa di nessuno.


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