Migranti, in mare una strage di donne

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PALERMO — L’ultimo cadavere è stato ripescato dai marinai italiani quando il sole stava già  tramontando, di fronte alle coste libiche. Era un’altra donna. Un’altra donna dalla pelle nera. Somala, quasi certamente, come tutte le vittime dell’ultima tragedia dell’immigrazione nel Mediterraneo. Una strage di donne. Perché degli undici corpi finora recuperati dalla Guardia costiera di Lampedusa, otto sono di ragazze africane che tentavano di raggiungere l’Italia e hanno perso la vita nel naufragio del gommone di dieci metri con le fiancate sgonfie sul quale erano stipate assieme a un altro centinaio di disperati.
Resteranno undici le nuove croci nel cimitero di Lampedusa, dove i cadaveri sono arrivati ieri sulla stessa nave della Marina italiana che ha sbarcato i settanta superstiti: 62 uomini e otto donne, una delle quali incinta. I soccorsi infatti sono stati sospesi quando si è fatto buio e non c’erano più speranze di trovare vivo qualcuno dei naufraghi. Gli altri morti sono stati sepolti dal mare: una trentina, se è vero quanto raccontano i testimoni, e cioè che su quella carretta colata a picco a 35 miglia dalla Libia viaggiavano 115 persone. Reduci dalla lunga marcia nel deserto e nella fame che li aveva portati dal Corno d’Africa al Magreb.
Le due motovedette hanno fatto rientro a Lampedusa, dopo la corsa di sette ore e 140 miglia seguita al primo allarme, giunto sabato mattina con un telefono satellitare alla Capitaneria di Palermo. Silenzio dalle autorità  libiche, apporto minimo da quelle maltesi che hanno inviato solo un aereo di ricognizione. Un’inerzia che ha irritato il ministro degli Esteri, Giulio Terzi, il quale sottolinea «l’assoluta necessità  di rafforzare la collaborazione tra tutti i Paesi coinvolti». E che ha spinto Angela Maraventano, l’ex vicesindaco di Lampedusa oggi senatrice della Lega Nord, a chiedere alla Farnesina di richiamare l’ambasciatore a Tripoli.
Quel che è certo è che senza l’intervento italiano questa ennesima tragedia del mare avrebbe assunto dimensioni apocalittiche. «Un intervento di straordinario valore», dice Laura Boldrini, portavoce dell’alto commissariato dell’Onu per i rifugiati. Una giornata drammatica, per gli uomini della Guardia costiera. Una giornata particolare, per il neogovernatore siciliano Rosario Crocetta che, giunto a Lampedusa per un weekend di riposo dopo lo stress della campagna elettorale, ha dovuto invece accogliere in porto uomini distrutti e donne in lacrime. «È stato — racconta — un confronto con il dolore di un intero popolo, quello somalo, costretto a fuggire da una dittatura terribile e dalla miseria».
Dopo l’abbraccio al presidente della Regione, i settanta naufraghi hanno raggiunto i trecento migranti già  stipati nel centro di accoglienza dell’isola. Un’avanguardia di disperati che annuncia altre ondate di sbarchi e di polemiche. Proprio mentre i somali trovavano un tetto provvisorio, diciassette pakistani, tutti uomini, venivano tratti in salvo, al largo della Puglia, dalla Guardia costiera di Santa Maria di Leuca e di Otranto. Due drammi paralleli, avvisaglie di una nuova prevedibile emergenza.


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