Urla e fischi contro Fini al funerale di Rauti

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ROMA — «Traditore, Badoglio, vai in Sinagoga». Basilica di San Marco, piazza Venezia. Il feretro di Pino Rauti, ex segretario dell’Msi è già  dentro la chiesa, quando sul sagrato compare il presidente della Camera Gianfranco Fini. Quando lo vedono, scatta la contestazione. Prima qualche insulto, con la scorta che esita un attimo, prima di avanzare. «Che si fa?», dicono. «Andiamo avanti», la risposta con un cenno della mano. A quel punto, però, si scatena la gazzarra e la contestazione si fa più violenta: volano oggetti, sputi, manate, un’ombrellata colpisce il portavoce di Fini, un uomo sull’ottantina agita una stampella. Arriva anche lo staff del sindaco Alemanno (e genero di Rauti) a protezione di Fini, il «cordone» ondeggia, la folla inferocita mena fendenti: «Bastardo, vattene, vai a Montecarlo». Fini guadagna l’entrata della chiesa, scendendo due scalini e viene colpito da una manata sugli occhiali. Il clima è tesissimo: «Fuori, fuori!», scandiscono i neofascisti. Fini arriva al suo banco, davanti all’altare. Isabella Rauti, una delle due figlie del leader scomparso, interviene al microfono: «Vi prego — dice — non è questo il momento. Abbiate rispetto per mio padre e la mia famiglia».
La funzione riprende, Fini saluta Isabella, le sussurra un «mi dispiace» all’orecchio. Poi, a metà  messa, va via passando dalla sagrestia e poi da un’uscita secondaria. Don Giovanni D’Ercole, vescovo de L’Aquila, nell’omelia cerca parole di mediazione: «Quanto è accaduto dimostra che avete animo, ma di fronte alla morte bisogna far uscire fuori il meglio». In chiesa restano alcuni finiani, come Flavia Perina, Fabio Granata, Claudio Barbaro: nessuno di loro viene insultato. C’è anche, tra i tanti politici, anche Mara Carfagna. Ai suoi uomini Fini spiega: «Era giusto che andassi, non sono pentito. Certo, non mi aspettavo quel tipo di contestazione, specie dentro una chiesa. L’unica cosa che mi dispiace è per la famiglia Rauti: non vorrei che la mia presenza abbia rovinato questa giornata». E aggiunge: «Andare ai funerali significa esprimere partecipazione al dolore dei familiari e rispetto per la persona scomparsa. La netta divisione politica non poteva far venir meno questo dovere. Se i contestatori non lo capiscono è un problema loro, non mio».
Francesco Storace, leader de «La Destra», va via subito dopo le urla contro Fini: «Pensavo di essere ad un funerale, non a una manifestazione politica. Fini ha sbagliato: il cerimoniale non aveva previsto la sua presenza». Della stessa idea Ignazio La Russa (Pdl): «Non si può arrivare ad esequie iniziate». Daniela Santanché lo attacca: «Che vergogna presentarsi al funerale di una sua vittima». Mentre secondo Massimo Corsaro «Fini è l’uomo più squallido del mondo». Marco Marsilio, Pdl, invece lo difende: «Ai funerali si ricordano i morti, non si insultano i vivi». Con Fini anche Domenico Scilipoti: «Presenza doverosa». Mentre Aldo Di Biagio (Fli) parla di «contestazione organizzata». All’uscita del feretro di Rauti, i militanti si schierano: urlano tre volte «Presente!», le braccia tese nel saluto romano, cantano «Boia chi molla è il grido di battaglia». Ma Fini, a quel punto, non c’è più.


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