Le milizie lanciano un missile sul Parlamento israeliano

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In mattinata le Brigate al Qassam avevano rivendicato il lancio di un missile verso la sede della Knesset – il parlamento israeliano – a Gerusalemme. La notizia è stata smentita e confermata più volte. Da mercoledì, giorno di inizio dell’operazione militare israeliana «Pillar of Clouds», i gruppi armati di resistenza hanno lanciato verso Israele 550 missili. Secondo l’IDF, il sistema anti-missilistico israeliano Iron Dome ne ha intercettati 109. 
L’escalation di violenza è seguita a una mattina relativamente tranquilla: per permettere la visita nella Striscia del premier egiziano Hisham Qandil, Israele aveva promesso tre ore di tregua. Un cessate il fuoco durato poco: le bombe non hanno smesso di cadere sulla Striscia, provocando altre sei vittime, di cui cinque civili. L’aviazione israeliana ha centrato la sede del Ministero degli Interni di Gaza: un vasto incendio è divampato distruggendo il 90% dell’archivio.
Drammatica la situazione negli ospedali di Gaza: nel pomeriggio i medici hanno fatto sapere di non avere più letti a disposizione in terapia intensiva. L’Egitto ha offerto il proprio aiuto, aprendo il valico di Rafah e accogliendo i pazienti negli ospedali in Sinai.
La vasta offensiva israeliana proseguirà , ha avvertito ieri il premier israeliano Benjamin Netanyahu, forte del sostegno del mondo occidentale. L’esercito ha richiamato già  16mila riservisti in vista di un eventuale intervento via terra. 
Ieri Catherine Ashton, Alto Rappresentante per gli Affari Esteri dell’Unione europea, è intervenuta ribadendo solidarietà  a Tel Aviv e il diritto inalienabile di Israele di difendersi. La cancelliera tedesca, Angela Merkel, ha chiesto il diretto intervento della diplomazia egiziana perché faccia pressioni su Hamas. I ministri degli Esteri dell’Unione europea si riuniranno lunedì: già  al lavoro le diplomazie dei 27 per giungere in breve ad una posizione comune. 
Il mondo arabo si è schierato, al contrario, a fianco della Striscia: manifestazioni di solidarietà  con Gaza si sono tenute in Egitto (migliaia i manifestanti a Tahrir Square al Cairo) e in Libano. 
Alle proteste in Cisgiordania e a Gerusalemme sono seguiti duri scontri con le forze di sicurezza israeliane. A Nabi Saleh l’esercito ha arrestato due palestinesi, un attivista israeliano e un italiano.
In una Gerusalemme blindata – ieri le autorità  israeliane hanno impedito l’ingresso nella Città  Santa a tutti i palestinesi residenti in Cisgiordania, seppure in possesso del necessario permesso – la Porta di Damasco è stata teatro di scontri tra duecento manifestanti palestinesi e la polizia israeliana: cinque arrestati. Al termine della preghiera del venerdì, i fedeli musulmani hanno marciato fuori dalla Moschea di Al Aqsa intonando slogan anti-israeliani.
A Ramallah e Nablus, migliaia di manifestanti sono scesi in piazza gridando la loro rabbia per l’aggressione israeliana contro la Striscia. Tante le bandiere verdi di Hamas che sventolavano, mentre i manifestanti scandivano slogan chiedendo ad Hamas di bombardare Tel Aviv.
Duri scontri sono esplosi fin dal mattino nel campo profughi di Aida, a Betlemme: l’esercito israeliano è entrato nel campo lanciando lacrimogeni, bombe sonore e proiettili di gomma. I manifestanti hanno risposto con le pietre. Sono scoppiati diversi incendi, bruciata anche la porta di ingresso al campo. Un bambino di 11 anni è stato arrestato.
Un’altra notte di morte e paura attende Gaza. Le bombe israeliane continueranno a piovere sulla Striscia.


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