Obama sotto pressione per un freno alle armi

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NEW YORK — «Sono sempre stato un grande fan del Secondo emendamento della Costituzione, della libertà  di armarsi. La National Rifle Association (la Nra, la lobby delle armi, ndr), ha approvato la mia linea dandomi il voto più alto, una A. Ma lo status quo non è più accettabile: venerdì, dopo la strage di Newtown, le mie tre bambine hanno chiesto cosa sto facendo per questo problema. Devo loro una risposta: bisogna cambiare, introdurre restrizioni ragionevoli, soprattutto sulle armi d’assalto e i caricatori che contengono un gran numero di munizioni». Mark Warner, senatore democratico della Virginia, ha rotto ieri il tabù che ha fin qui paralizzato il Congresso. A Capitol Hill nessuna delle numerose proposte di legge sul controllo delle armi da fuoco presentate negli ultimi quattro anni da vari parlamentari, è mai arrivata nemmeno alla discussione e al voto nelle aule della Camera o del Senato.
Il massacro dei bambini ha cambiato questa sensibilità : altri politici che amano farsi riprendere con un fucile in pugno come il senatore Joe Manchin del West Virginia in queste ore hanno detto «basta»: «Mi piace sparare, sono appena tornato da una caccia al cervo. Ma a me sono sempre bastate poche pallottole. Non conosco nessuno che abbia bisogno di sparare 30 colpi a raffica per abbattere un animale: è ora di dire basta». E la sua collega della California, Dianne Feinstein, ha annunciato che all’inizio di gennaio, quando il nuovo Congresso eletto lo scorso 6 novembre si riunirà  per la prima volta, lei presenterà  come primo provvedimento della legislatura una messa al bando delle armi automatiche e dei caricatori capaci di contenere molte munizioni.
È da qui che, probabilmente, ripartirà  la difficile battaglia per creare un minimo di controllo in un Paese nel quale nelle case ci sono già  270 milioni di armi da fuoco, 8-10 milioni delle quale sono micidiali ordigni d’assalto. Non è scontato, perché fin qui le resistenze dell’opinione pubblica — e, di conseguenza, del Congresso — sono state molto forti.
Questo spiega anche perché Barack Obama, che domenica sera alla veglia di Newtown ha promesso di cambiare rotta e di affrontare il problema, fin qui non aveva fatto nulla, rinunciando anche a battersi per il ripristino del bando delle armi automatiche: un divieto introdotto da Bill Clinton nel 1994 e che George Bush ha lasciato scadere nel 2004, senza rinnovarlo.
Anche sei mesi fa, dopo la strage nel cinema di Aurora, in Colorado, il presidente, pronunciando l’orazione funebre, aveva promesso l’avvio di una «conversazione nazionale» sulla questione, cercando soluzioni fuori dalle tradizionali contrapposizioni politiche. Buone intenzioni ben presto accantonate nel clima incandescente della campagna elettorale. La sinistra liberal ora lo accusa di essersi comportato da codardo, ma i numeri dei sondaggi — oltre alle resistenze di tutto il Congresso — sono eloquenti: la maggioranza degli americani considera sacra e inviolabile la libertà  di armarsi e le stragi fin qui non hanno cambiato di molto quest’attitudine. All’indomani di quella nel cinema di Aurora, un sondaggio confermò che per la maggioranza degli americani la protezione del Secondo emendamento viene prima dei controlli sull’uso delle armi, messo al primo posto solo dal 46% degli intervistati.
La strage dei bambini potrebbe aver cambiato questa sensibilità  e Obama vuole approfittarne: parlando l’altra sera nell’auditorium del liceo di Newtown davanti ai parenti delle vittime, ai soccorritori e agli insegnanti, ha promesso misure per cercare di impedire il ripetersi di simili tragedie. Prima si è chiesto se l’America ha fatto abbastanza per difendere i suoi bambini: «Onestamente la mia risposta è no. Dobbiamo cambiare».
Già , ma come? Se è vero che i democratici pro-armi stanno rivedendo le loro posizioni, è anche vero che i repubblicani per ora rimangono in silenzio: quasi tutti hanno disertato i talk show politici del fine settimana. Il problema, oltretutto, è estremamente complesso: oltre alla facilità  con la quale ci si procura un’arma micidiale, ci sono gli aspetti medici (i malati di mente abbandonati a se stessi) e quelli sociali e culturali. Secondo molti, ad esempio, è tempo di rivedere l’atteggiamento, fin qui permissivo, sulla violenza: da quella dei film di Hollywood che suggestionano i giovani a quella dei videogiochi che ti invitano a fare carneficine nella finzione dello strumento digitale.
A queste obiezioni un Obama improvvisamente risoluto l’altra sera ha replicato secco: «Sono problemi complessi, è vero. Ma questo non giustifica l’inazione: abbiamo l’obbligo di provarci».
Massimo Gaggi


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