Il passo indietro del direttore di Gay.it «Mi hanno triturato per colpire il premier»
Stavolta però preferisce il silenzio. La risposta sulla presunte pressioni arriva invece direttamente dal presidente Mario Monti ieri sera su Sky: «Nessuno gli ha chiesto di ritirare la propria candidatura». Per il resto de Giorgi si affida a un suo articolo su Internet, una settantina di righe che spiegano, con estrema amarezza, la «sofferta decisione», maturata non senza «molte difficoltà di coscienza» e provocata «dalla denigratoria campagna mediatica portata avanti in questi giorni ai miei danni soprattutto da Libero e da altri giornali ed emittenti».
Quale campagna? Sostanzialmente la pubblicazione di alcune foto piccanti di Alessio De Giorgi insieme a una drag queen sul sito di Dagospia e le accuse taglienti del quotidiano Libero che aveva rivelato il rapporto tra l’ex candidato e alcuni siti «di escort gay e incontri hot, in uno dei quali i ragazzi si offrono a pagamento». Accuse alla quale De Giorgi ha risposto oscurando quei siti. «Non certo per autocensura — spiega — o perché voglia vergognarmi di scelte prese molti anni fa, ma per evitare che tali scelte potessero essere ulteriormente strumentalizzate». Anche perché, secondo il direttore di Gay.it «quelle che sono state spacciate per reati sono tutte attività assolutamente lecite svolte dalle società di cui ero prima amministratore avendo dato le dimissioni proprio a causa del mio impegno in campagna elettorale ed adesso socio al 20,4%».
Poi, l’imprenditore che (scandalizzando) aveva inventato insieme all’ex compagno il locale gay Mamamia di Torre del Lago e si era «quasi» sposato nel 2002 con il primo Pacs italiano (se pur nell’ambasciata francese a Roma), scrive di essere «vittima di un tritacarne vero e proprio, che ha cercato ed è riuscito a scandagliare in profondità ogni mia attività imprenditoriale, con una intensità inaudita e non applicata a nessun altro candidato della prossima competizione elettorale». E tutto questo con un solo disegno: «mettere in difficoltà Monti e la sua lista, tentando di mettere in evidenza presunte contraddizioni, in base a un non meglio specificato senso comune».
E le pressioni per dimettersi? Ancora silenzio. Mentre Dagospia rivela tentativi di Irene Tinagli e di Andrea Romano di «salvare» Alessio dai «mal di pancia» provocati nel centro montiano dalle «foto dello scandalo» e da quei siti oggi oscurati. In serata arrivano però anche i messaggi di solidarietà . Come una nota congiunta per stigmatizzare la «violenta campagna anti-gay» contro De Giorgi firmata dagli ex compagni di battaglie e di schieramento, Anna Paola Concia, Sergio Lo Giudice, Ivan Scalfarotto e Alessandro Zan, candidati Lgbt per il centrosinistra. «L’obbiettivo — scrivono i firmatari — è quello di impedire che anche fra le forze conservatrici e moderate ci possa essere chi porti avanti le battaglie di civiltà ».
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