Svizzera, alle urne per tagliare gli stipendi ai manager
ZURIGO — Esplode in Svizzera l’ira contro le retribuzioni dei top manager: domenica prossima un referendum deciderà se mettere un tetto ai loro stipendi.
Deus ex-machina dell’operazione è Thomas Minder, un piccolo imprenditore della città di Sciaffusa che siede, come indipendente, al Parlamento federale svizzero. «Vogliamo imporre restrizioni alle imprese quotate in borsa: non possono continuare a pagare con somme spropositate chi siede ai vertici», martella da tempo questo 53nne diventato lo spauracchio delle grandi imprese con sede in Svizzera, terrorizzate da un possibile esodo dei dirigenti più capaci e meglio retribuiti.
Il parlamentare, sostenuto secondo i sondaggi da oltre il 55 per cento degli svizzeri, propone che stipendi e bonus dei dirigenti debbano essere approvati dall’assemblea degli azionisti: oggi la questione riguarda unicamente il consiglio di amministrazione. A sostegno della sua tesi Minder cita il caso Novartis: qualche mese fa il Cda del gruppo ha offerto all’amministratore delegato dimissionario, Daniel Vasella, 60 milioni di euro di buonuscita in cambio dell’impegno a non lavorare per la concorrenza. Vasella ha rinunciato, ma la notizia ha comunque creato scandalo. «È come se ci fossimo sparati in un piede», ha commentato Philipp Mueller, presidente del Partito liberale, e molto vicino alle grandi imprese.
Il casus belli che ha spinto Minder a scendere in campo è però un altro: si tratta del fallimento della compagnia di bandiera Swissair, nell’ottobre del 2001. «Mi ha profondamente indignato l’aver saputo che il manager che venne chiamato al capezzale della compagnia, intascò 12 milioni e mezzo di franchi, nonostante il fallimento», ha raccontato Minder.
Da quell’episodio è passato quasi un anno e mezzo, ma negli ultimi mesi il vento ha soffiato a favore di Minder: dopo aver saputo che, nonostante la crisi finanziaria, le banche che avevano perso miliardi e continuavano ad erogare bonus milionari ai loro dirigenti, molti risparmiatori hanno cominciato ad ascoltarlo. E questo nonostante governo, parlamento e Confindustria lo dipingano come una sorta di pifferaio magico. «Mette in discussione i principi liberali alla base del nostro diritto societario», sostengono i membri dell’esecutivo federale che, nel frattempo, ha formulato una sua controproposta. Troppo blanda, dicono la maggior parte degli svizzeri: domenica si vedrà chi ha ragione.
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