In Grecia scoppia la rivolta delle fragole “Sporche di sangue, non compratele”

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GOCCE rosse che colano dalle dita di una mano sulle fragole, oppure fragole su fogli di giornale, sempre gocciolanti di rosso: sono fragole e sangue, quello di 29 immigrati feriti a fucilate dai loro caporali nei campi di Manolada, in Grecia, lo scorso 17 aprile. Le immagini stanno facendo il giro del mondo online, con un appello al boicottaggio sotto l’hashtag #bloodstrawberries e l’eco del vecchio film anni Settanta “Fragole e sangue” sugli studenti della Columbia University mobilitati, anche, contro il razzismo, che venivano picchiati durante un pacifico sit-in.
Le fragole, ora, non le compra più nessuno. Nei mercati rionali greci il prezzo è crollato da tre euro e mezzo a 75 centesimi al chilo nel giro di una settimana. Ma anche a 75 centesimi, nonostante la crisi, le fragole di Manolada, e di tutti i 250 chilometri quadrati del Peloponneso dedicati alla coltivazione del frutto, restano sui banchi. La violenza esplosa in quella fattoria è stata subito condannata dal governo, mentre tre responsabili e il proprietario della fattoria sono stati arrestati. Ma non è bastato.
In duecento, gli immigrati clandestini del Bangladesh erano andati a chiedere per l’ennesima volta al padrone della fattoria i sei mesi di paga arretrata dovuti. Come raccontava poco dopo all’Associated Press uno di loro, Mohamed Lendu Miha, «la tensione stava già  salendo da tempo e quando giorni prima io ho chiesto i miei soldi, mi hanno dato un assegno scoperto. Poi,
siccome protestavo, mi hanno detto di andarmene, se non volevo bruciare vivo». Davanti a quei 200 braccianti compatti, sorveglianti e padroni si sono allontanati. Mentre il gruppo sperava di vederli riapparire con i soldi, sono tornati in tre soli, sparando. Nessun morto, per fortuna, e arresti immediati per i responsabili, mentre il ministro dell’Interno Nikolaos Dendias assicurava: «Nessun rimpatrio per i clandestini coinvolti». Ma con la crisi, quel 10% della popolazione formato da extracomunitari quasi tutti clandestini è diventato bersaglio privilegiato di attacchi razzisti spesso organizzati dai neonazisti di Alba Dorata. E Manolada è da anni il luogo simbolo di condizioni di lavoro «simili a quelle dei lavoratori neri in America ai tempi dello schiavismo», come ha detto il ministro della Giustizia Antonio Ropatiokis dopo la sparatoria.
«Prima di comprare fragole di Manolada, Grecia, pensa che sono coperte del sangue di lavoratori immigrati», recita il testo accanto all’immagine della campagna di boicottaggio nata spontaneamente su Twitter. «Lavoratori dei campi pagati con pallottole: non comprate», invita Nikos Moumouris da Atene. «Mia madre era al banco della frutta e un uomo anziano le ha detto “non comprare fragole”», scrive Theodora Oikonomides, per poi elencare «154 violenze razziste nel 2012 in Grecia, secondo la Rete per la documentazione dei crimini razzisti, per la maggior parte non denunciate». La campagna attacca anche il governo, come responsabile dell’operazione “Xenion Zeus”, che nel 2012 ha portato al fermo e spesso al rimpatrio di 66mila clandestini. «Il governo greco», dice il testo online, «sta coprendo gli assassini, che agiscono con l’aiuto di Alba Dorata». E i banchi di frutta restano pieni di fragole invendute.


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