Una tassa comunale al posto dell’Imu

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ROMA — Fabrizio Saccomanni ci va con i piedi di piombo. L’Imu, come la cassa integrazione e gli esodati, è un problema urgente da affrontare, ma non potrà  essere risolto in deficit. «Useremo i margini di manovra che ci sono, e se non ci fossero decideremo dove reperire la copertura necessaria» ha detto ieri in Parlamento il ministro dell’Economia. E dopo che il governo ha deciso la sospensione della rata Imu di giugno, si fa strada l’ipotesi di una riforma molto profonda dell’imposta, che potrebbe cambiare nome, abbracciare anche altri tributi come la Tarsu, ed essere rivista sia nella base imponibile che nelle aliquote.
L’attuale imposta sugli immobili sarebbe trasformata in Imposta di servizio dei Comuni e, tra le prime cose, assorbirebbe anche la nuova tassa sui rifiuti. La Tares, rivista e corretta rispetto alla Tarsu e alla Tia, che dovrebbe debuttare alla fine di quest’anno e che vale circa un miliardo di euro annui. Anche la nuova imposta, come l’Imu da quest’anno e la futura Tares, sarebbe interamente a favore dei Comuni, che potrebbero, come nel caso dell’Imu, intervenire per modificare marginalmente le aliquote.
La nuova tassa potrebbe inglobare anche una parte del gettito dell’imposta di registro, che si paga sul trasferimento degli immobili, e che tendenzialmente verrebbe alleggerita e poi, se ci saranno i margini, abolita del tutto.
Naturalmente la nuova tassa dovrà  trovare forme di applicazione diverse da quelle attuali dell’Imu, per evitare che l’operazione si traduca meramente in un aumento secco delle tasse da un miliardo laddove i cittadini invece si attendono l’alleggerimento delle tasse sulla casa. La base imponibile, che oggi è rappresentata dalla rendita catastale dell’immobile moltiplicata per un certo coefficiente di rivalutazione, potrebbe essere riconsiderata, anche in funzione di un collegamento della riforma delle imposte sugli immobili con quella del catasto.
Potrebbero essere aumentate le detrazioni per i figli a carico, in modo da alleggerire quella che sarà  la futura tassa di servizio per le famiglie numerose (anche nel calcolo della futura tassa sui rifiuti si terrà  conto, più che dei metri quadri dell’abitazione, del numero dei componenti del nucleo familiare). Oppure potrebbe essere introdotta una sorta di franchigia che esenti dal pagamento dell’imposta i proprietari che hanno i redditi più bassi.
Il Pd chiedeva di esentare dall’Imu chi paga fino a 4-500 euro di imposta, il che vorrebbe dire esonerare l’80% dei contribuenti e rinunciare a quasi tre miliardi di gettito. Il Pdl chiede la cancellazione tout court dell’imposta sulla prima casa e la restituzione di quella pagata nel 2012. Ci vorrebbero otto miliardi subito e altri quattro l’anno dal 2014 in poi.
Un po’ troppi considerate le condizioni attuali del bilancio pubblico, anche alla luce dei possibili margini che la Ue potrebbe offrire. «Che al momento — ha precisato ieri Saccomanni — non sono neanche da prendere in considerazione».


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