Grillo ai suoi: niente cresta sulla diaria Minaccia una lista nera, poi frena

Loading

ROMA — All’uscita dal Parlamento scherza: «Black list? L’eccedente lo prendiamo io e Casaleggio». Beppe Grillo risolve con una battuta l’annosa querelle su quella parte di diaria non rendicontata (senza note spese) che non tutti i parlamentari vorrebbero restituire. Ma la questione non è chiusa affatto. E nell’incontro alla Camera, durato oltre due ore, le cose sono andate ben diversamente. Perché Grillo è partito duro, annunciando la pubblicazione sulla rete dei dissidenti: una vera e propria «black list», che non è piaciuta a molti parlamentari. Alla fine ha dovuto cambiare idea: «Non ci saranno né liste nere né liste grigie».
Grillo si fa precedere da una dichiarazione sul Cavaliere: «In un qualsiasi Paese democratico un personaggio come Berlusconi sarebbe in carcere o allontanato da ogni carica pubblica, da noi è l’ago della bilancia del governo». Poi arriva in Kia bianca. Lo accompagna Filippo Pittarello, della Casaleggio Associati, che si siede al suo fianco, insieme a Vito Crimi. Un’assemblea «vivace», la definisce eufemisticamente un comunicato ufficiale. Niente streaming, ma solo una «diretta Twitter», censurata nei punti più delicati. Grillo conciona, con i suoi usa bastone e carota. Li rimprovera per lo streaming: «Troppi errori, quello su Bersani andava preparato meglio, avete lasciato che facesse la vittima. E dovete affidarvi di più al gruppo Comunicazione». Poi li lusinga: «Stiamo andando alla grande, sono venuto a darvi un abbraccio».
Spazia su più temi. Dà  la sua ricetta sulla povertà : «La gente è alla disperazione. Non servono economisti: serve il buonsenso». La sua interpretazione sull’esasperazione sociale: «Se non ci fossimo noi ci sarebbero forze veramente sovversive». Annuncia un cambiamento nei rapporti con l’esterno: «Purché non siano talk-show, andate in tv a spiegare ai cittadini le nostre idee. E rispondete ai giornalisti per strada, magari continuando a camminare».
Ma il punto chiave sono i soldi. I tweet ufficiali danno conto del climax: «Fanculo i soldi!». «Se avete firmato qualcosa, dovete rispettarlo». «Non si fa la cresta su ciò che non è rendicontato». Fino all’apice: «Metteremo nomi e cognomi di chi vuol tenersi i soldi». L’esempio è noto, il vicepresidente dell’Ars cacciato dal Movimento, Antonio Venturino: «È un pezzo di merda», dice letteralmente Grillo. Che ricorda la firma del codice di comportamento e legge anche una mail che «sanciva» la restituzione dell’eccedenza. Molti si ribellano. Qualcuno osa contestarlo direttamente, come Adriano Zaccagnini, spiegando che il codice sul punto è ambiguo e una mail non conta nulla.
Fuori dall’aula, Alessandro Furnari spiega: «Beppe è intervenuto a gamba tesa poi però ha capito. La lista creerebbe una gogna mediatica inaccettabile. E poi sarebbero decine. Ci sono molti che con 2000-3000 euro non ce la fanno. Io non so se restituirò tutto». Perché? «C’è la privacy, non si dovrebbe neanche chiedere. Teniamo tutti famiglia, dovete fidarvi». Però i vostri elettori preferiscono la trasparenza alla privacy: «Allora diciamo che molti vivono con i genitori e il cambiamento di reddito provocherebbe la perdita di assegni familiari o l’affidamento di case popolari. Per questo devono andare in un’altra casa. Io, per esempio, devo prendere un monolocale a Lecce, dove vivevo con i miei». E perché non prendere la residenza a Roma? «Perché poi non ci possiamo ricandidare sul territorio, se prendiamo la residenza qui». Sulla questione si discuterà  la prossima settimana e si voterà . Furnari non è ottimista: «Abbiamo sbagliato a non decidere subito. Non vorrei che mettessero i parlamentari nelle condizioni di rinunciare e finire al gruppo misto».
Massimo De Rosa ci tiene a far passare un messaggio: «Abbiamo già  restituito moltissimo». Concorda Zaccagnini: «Ho appena rinunciato all’indennità  di vicepresidente di commissione». E in effetti la polemica rischia di far dimenticare i molti tagli che si sono autoimposti i 5 Stelle: «Ricordiamoci sempre che gli altri parlamentari si tengono tutto ben stretto», spiega Vincenza Labriola.


Related Articles

Dubbi nei partiti. L’ immunità ora vacilla

Loading

Pd in imbarazzo, no da Forza Italia. M5S all’attacco Finocchiaro irritata: c’era un’intesa ed era condivisa Stop alla garanzia statale sui debiti degli enti locali

Jobs flop. Lo spauracchio di un altro tsunami

Loading

Se quello sulla Costituzione ha provocato un terremoto, il referendum sul jobs act potrebbe essere uno tsunami di proporzioni ancora

La tangente passata per gli Stati Uniti e i 150 mila euro spariti

Loading

ROMA — Fatture false pagate su conti esteri e capitali fatti rientrare in Italia in contanti. Passa attraverso una triangolazione con gli Stati Uniti la tangente da 600 mila euro che sarebbe stata pagata per la fornitura di 45 filobus della Breda Menarini al Comune di Roma. Soldi che secondo Edoardo D’Incà  Levis, il mediatore incaricato di accantonare la provvista «in nero» poi diventato testimone chiave dell’inchiesta, sarebbero finiti «alla segreteria di Alemanno».

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment