Letta: il mio esecutivo finirà la legislatura

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ROMA — Se la riforma costituzionale non sarà approvata entro 18 mesi Enrico Letta manterrà la promessa e scenderà le scale di Palazzo Chigi da premier dimissionario: «Senza risultati definitivi considererò conclusa l’esperienza del mio governo». Ma se il miracolo di una nuova architettura dello Stato dovesse compiersi l’esecutivo potrebbe tirare dritto, contro ogni pronostico. Intervistato da Lilli Gruber a Otto e mezzo, su La 7, Letta lo dice col sorriso, al momento dei saluti. Sembra una battuta, eppure non lo è. Perché, complice la fiducia dei cittadini che cresce nei sondaggi, il premier comincia a crederci davvero. Quanto durerà il suo governo? «Quattro anni e 10 mesi». Così ottimista? «E perché no…».
Sorridente, pacato, solo un filo teso all’inizio, Letta affronta i nodi delle larghe intese. I processi di Berlusconi non sembrano preoccuparlo più di tanto: «Io non ho paura degli effetti di eventi esterni sul lavoro del governo, anzi sono stupito dell’armonia e del lavoro di squadra, i ministri non litigano come nei governi precedenti…». Ma se il Cavaliere venisse condannato? «La magistratura è autonoma, farà le sue scelte. Punto». Il Berlusconi che dice «la guerra civile è finita» però non lo convince, è un’espressione «un po’ troppo forte». Quanto al governo il presidente ammette di non avere la bacchetta magica: «I cittadini chiedono fatti concreti e una politica che gli incasini meno la vita». Un tocco di giovanilismo lessicale, che torna quando la Gruber gli chiede di Obama: «È molto cool — risponde Letta —. Gli invidio altre cose, ma non la possibilità di stampare moneta».
Evitare lo scatto dell’Iva a luglio sarà difficile, perché la decisione «è stata assunta precedentemente». Ma il governo cercherà di «fare qualcosa perché l’aumento sarebbe un segnale negativo», magari con una «differenziazione di beni e prodotti». Il dilemma è scegliere tra il rilancio dei consumi e la battaglia contro la disoccupazione giovanile, un tema al quale Letta ha legato la vocazione del suo governo: «Su questo ci giochiamo tutto, spero che i leader europei capiscano che se i giovani non lavorano l’intera fiducia viene meno». L’era della sola austerità è finita, il rigore dei conti non basta più e l’obiettivo è strappare risorse per la crescita. A Bruxelles, il 27 giugno, vuole andarci con in tasca il piano nazionale per il lavoro giovanile del ministro Giovannini e un «piano europeo» con quattro firme in calce: Italia, Germania, Francia e Spagna. Un passaggio col quale sogna di cancellare quella «vergogna» che è «un Paese con il 38% di giovani disoccupati».
La crisi morde eppure Letta distilla gocce di ottimismo confermando già dal 2013 qualche «segnale di defiscalizzazione e decontribuzione», insomma sgravi fiscali per le imprese che assumono. Per Giorgio Squinzi si perde troppo tempo in polemiche e il premier gli dà ragione: «Fanno bene gli imprenditori a tenere alta l’asticella, abbassiamo il tasso delle polemiche». Dai tormenti precongressuali del Pd vuole tenersi lontano anni luce. Matteo Renzi lo accusa di vivacchiare e lui rimanda la sfida: «Sono amico e tifoso di Renzi». Può fare il segretario del Pd? «Potrebbe fare bene, non ho nessun dubbio. Come sta facendo bene Epifani… Guglielmo sta dando una grande mano al Pd». Tossisce, beve un sorso d’acqua via l’altro, dice che l’aria condizionata degli uffici, in cui vive rinchiuso, gli dà fastidio: «È tremenda…». L’Imu sarà rimodulata? «Stiamo lavorando, troveremo la soluzione più giusta». E le critiche a Bondi commissario dell’Ilva? «Ho fiducia che sia la scelta giusta». Promette lotta «durissima e senza quartiere» all’evasione fiscale e, sull’abolizione del finanziamento pubblico, lascia trapelare un certo fastidio per alcune interpretazioni che ritiene in malafede: «Non è una legge truffa, ma un testo coraggioso». Ribadisce che non si voterà più con quella «maledetta legge» che è il Porcellum, mentre sul semipresidenzialismo si tiene neutrale per non innescare nuove fibrillazioni. I sondaggi lo premiano, ma lui ostenta distacco: «Bisogna abituarsi al su e giù dei numeri, non mi faccio grandi illusioni. L’importante è fare le cose. Sul finale c’è spazio per il Letta privato, dimensione della quale il premier è gelosissimo: «Il privilegio e l’onore di servire il Paese vale ogni sacrificio, spero non siano troppo forti per i miei figli… È l’unico rammarico. Ma mia moglie Gianna mi sta dimostrando una vicinanza straordinaria».


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