Scontro all’Indesit, lavoratori “in libertà”

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ROMA — Gli operai protestano per la marea di esuberi in arrivo e l’azienda risponde mettendoli «in libertà». Non avrà bisogno di loro fino a lunedì o martedì prossimo perché, viste le modalità della protesta nel pur «legittimo diritto di sciopero», «è impossibile approvvigionare correttamente le linee produttive». Tutti a casa, dunque. E’ successo ieri negli stabilimenti Indesit di Melano e Albacina e la scelta choc dell’azienda ha reso ancora più infuocata una già difficilissima vertenza.
Sul piatto c’è il futuro di 1.425 dipendenti della «multinazionale del bianco», che considera «inevitabile» la riorganizzazione della sua presenza in Italia e ritiene «indispensabile» lo spostamento delle linee non competitive in Polonia e Turchia. Una decisione ribadita dai vertici aziendali anche due giorni fa, durante l’incontro con il ministro dello Sviluppo Zanonato e che – una volta realizzata – sconvolgerebbe l’intera area produttiva di Fabriano, che da sempre vive di lavastoviglie ed elettrodomestici. Ancor peggio per i 530 esuberi che l’azienda mette in conto nel casertano, territorio – fanno notare i sindacati – «a rischio bomba sociale».
Ora della vertenza si riparlerà al tavolo nazionale che il governo ha convocato per il 3 luglio presso il ministero dello Sviluppo economico, ma il clima già teso è diventato irrespirabile. L’Indesit, nel passato, era considerata un modello di relazioni sindacali, ma ora che la famiglia Merloni pur mantenendo il controllo della proprietà – ha ceduto la gestione al management i tempi sono decisamente cambiati. Anche perché, fanno notare in molti, «l’orizzonte da industriale è diventato finanziario». Lo ha detto nei giorni scorsi il governatore delle Marche Gian Mario Spacca e lo hanno ribadito dal palco della manifestazione nazionale di una settimana fa i sindacati. Indesit, fanno notare le sigle, fa utili, non è in crisi.
Ora vista la decisione di «mettere in libertà» i lavoratori, i sindacati Fim, Fiom e Uilm stanno considerando l’ipotesi di denunciare l’azienda per «comportamento antisindacale»: già è stato proclamato uno sciopero di otto ore per il 12 luglio, ora – precisano – la protesta e i presidi continueranno,
perché «l’Italia non può fare a meno del settore elettrodomestico ».
Tutto il «bianco» è in difficoltà: ieri un altro grande sigla produttiva, la Whirlpool, ha annunciato che chiuderà lo stabilimento di Spini di Gardolo, a nord di Trento, lasciando a casa 450 persone. La produzione dei frigoriferi ad incasso sarà trasferita a Cassinetta di Biandronno (Varese), ma quella dei frigoriferi a libera installazione, approderà in Polonia.
Per quanto riguarda Indesit, sabato scorso parlando alla manifestazione di nuovo unitaria di Cgil, Cisl e Uil, Susanna Camusso aveva invitato Confindustria «di alzare la voce e chiedere all’azienda di ritirare il piano di ristrutturazione per impegnare qui le risorse che ha». Ieri il presidente Squinzi, saputo del fermo produttivo, ha detto di «sperare che si possano trovare soluzioni che non danneggiano i lavoratori e che non distruggano l’occupazione
del Paese».


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