Senza consumi non riusciremo a chiamarla ripresa

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Oggi da Eurostat dovrebbe arrivare la conferma dell’avvio della ripresa nell’eurozona.

Già il dato sulla produzione industriale nel secondo trimestre 2013 è stato positivo (+0,2%) e si pensa a qualcosa di analogo anche per quanto riguarda il Pil. I numeri non sono certo esaltanti ma arrivano dopo ben sei trimestri di contrazione, il periodo “nero” più lungo che le economie guida dell’Europa abbiano dovuto scontare nel dopo guerra. Il dato della centrale statistica europea dovrebbe quindi confermare le previsioni avanzate da numerosi analisti che si sono espressi in forma diretta o collettiva sul Wall Street Journal e sul Financial Times . Secondo altre valutazioni la ripresina di aprile-giugno avrebbe avuto anche conferme in luglio. Siamo, dunque, se non di fronte a un evento epocale quasi sicuramente davanti a una significativa inversione di trend.
A guidare l’eurozona oltre la recessione con il ruolo di locomotiva è ancora la Germania, che riesce ad accompagnare alle virtù del suo modello export anche una ripartenza della domanda interna grazie agli investimenti delle aziende e all’espansione del settore delle costruzioni. Qualche speranza maggiore era riposta nella Francia ma non sembra che i risultati la riescano a convalidare. Per quanto riguarda Italia e Spagna oltre a registrare dati più tiepidi dovremmo usare una forma lessicale diversa: più che di ripresina infatti si può parlare di un rallentamento della contrazione. Per saperne di più e capire meglio l’andamento del Pil italiano dobbiamo attendere il 10 settembre e avremo ragguagli più precisi sull’andamento dei consumi e degli investimenti. E’ evidente che nel nostro Paese la domanda interna non è affatto ripartita e qualche conferma viene dalle prime valutazioni sull’andamento della stagione turistica. Dalle maggiori località si segnalano buoni incrementi (a due cifre) della presenza di turisti stranieri che vanno però a compensare il forte calo di spesa da parte degli italiani (anch’esso largamente a due cifre), che sono rimasti in città come accadeva nei lontani anni Sessanta. Da annotare, sempre in campo turistico, l’evoluzione dei flussi di arrivo dei turisti russi che ormai non si indirizzano più solo verso alcune località simbolo come la Riviera Romagnola o Forte dei Marmi ma stanno premiando anche destinazioni catalogate come minori dai tour operator. In sostanza non arrivano più solo i ricchi russi ma anche la classe media.
Se l’Italia quindi riuscirà ad arrestare la contrazione sarà ancora merito delle esportazioni perché se è vero che le economie dei paesi emergenti, i cosiddetti Bric, segnano il passo e non corrono più alla velocità di qualche tempo fa esercitano comunque un influsso largamente positivo sulla nostra bilancia dei pagamenti. Un fattore di speranza lo si può rintracciare poi nel ruolo che stanno riconquistando gli Usa, un Paese che per noi rimane decisivo come mercato di sbocco. Gli States, secondo le analisi in voga, possono tranquillamente riprendere a crescere del 3% in virtù di un mix di fattori che abbraccia le politiche della Fed, la rilocalizzazione industriale e l’uso dello shale gas che abbassa notevolmente i costi dell’energia. Riprendendo quota Washington e confermandosi la Germania come locomotiva europea la nostra industria può coltivare qualche sensazione positiva in più per i mesi che ci aspettano. Perché se vero che i capitani coraggiosi del made in Italy hanno saputo farsi largo anche nei mercati più lontani, sapere che possiamo contare su Stati Uniti e Germania è sicuramente un vantaggio, quantomeno psicologico.
Resta, infine, da ragionare sulle politiche migliori da abbinare alla possibile uscita dal tunnel ma ci sarà modo e luogo. Gli ottimisti sottolineano come a Ferragosto nella più importante fabbrica italiana della Electrolux (Susegana) si lavorerà per far fronte a una commessa, gli stessi potrebbero enfatizzare gare internazionali vinte da aziende italiane come Fincantieri e Salini proprio in questi giorni, ma non è da questi exploit che potremo saperne di più sulla gracilità o meno della ripresa. Il focus si sposta doverosamente sulla domanda interna e di conseguenza sugli effetti che il provvedimento di rimborso dei debiti della pubblica amministrazione produrrà sulle piccole e medie imprese del ciclo dell’edilizia e della sanità. Da qui alla metà del 2014 molto dipenderà anche dai tempi e dalle quantità di denaro che si riusciranno ad erogare.
Dario Di Vico


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