Monti, missione crescita senza isolare Angela

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BRUXELLES — La ricetta che ha messo sul tavolo della cena dice: «Crescita prioritaria, fermo restando l’impegno sulle discipline di bilancio». Per Mario Monti, è qui che l’Europa può trovare un compromesso vincente. E poi: niente strappi con la Germania. Appoggiare la Francia. Non mortificare la Grecia. Sostenere le proposte italiane, come quella che vorrebbe non calcolare nei deficit statali gli investimenti più produttivi (d’ora in poi dovrebbe essere Bruxelles a decidere).
Questi erano i compiti che ieri si è ritrovato addosso il primo ministro italiano, che i leader europei chiamano «il mediatore», e che per la Cnn è «il potenziale salvatore dell’Europa che sta crollando a pezzi». Se a mediare ci sia riuscito o no, lo si capirà  presto. Ma intanto, a tarda notte, lui rileva: «I tempi dell’Europa sono quelli che sono, perciò l’Italia spinga l’Europa. Non ci sono decisioni del Consiglio Europeo, oggi, ma una messa a fuoco dei temi che i singoli governi considerano più importanti». E molti punti proposti dall’Italia sono stati affrontati: «Il problema dei ritardi nei pagamenti dalla pubblica amministrazione, la necessità  di investimenti mirati alla crescita, o di soluzioni “country specific”, ritagliate sui singoli Paesi, per il consolidamento dei bilanci e le riforme strutturali». E’ cambiato, dicono poi fonti di Palazzo Chigi, «l’atteggiamento della Germania sulla crescita». In particolare sulla ricapitalizzazione della Banca europea per gli investimenti, sui project bond (precursori degli eurobond), sull’importanza del mercato unico dei servizi; tutti punti sostenuti da Monti.
Certo, è stata durissima. Era il vertice più difficile fra tutti i 18 vertici apparecchiati dall’Ue dal 2009 a oggi. Metti una sera a cena, con le Borse a picco, 27 leader più quelli Ue: sul menu, austeramente niente vini (decisione dell’ultimo istante: era previsto uno chablis) e poi «asparagi ai gamberi di fiume, pesce san Pietro ai legumi, mousse di cioccolato al caramello con burro salato»; e i commensali, loro, tutti in ordine sparso. Francia contro Germania, Olanda contro Francia, Spagna ancora con la Francia di Hollande ma attenta a non irritare Berlino. In mezzo, il ponte italiano. Monti l’aveva annunciato, all’arrivo: «Non aspettatevi notizie da questo incontro, ma sarà  importante per formulare le idee sulla crescita che saranno sviluppate nel vertice europeo di fine giugno». Anche gli eurobond, certo. Tuttavia, «sappiamo che per diversi Stati membri non sono idee digeribili nel breve periodo»: perciò ci vogliono soluzioni rapide, da portare al vertice Ue del 28 giugno i giugno. In ogni caso, ripete il premier, «ormai occorre più crescita, anche per rispettare in modo durevole, e questo vale per tutti, gli obiettivi di bilancio». Lo ribadirà  di continuo ai colleghi: «Più crescita». 
Ma qui, precisamente, sta il nodo più arduo della mediazione italiana, del compromesso fra rigore e sviluppo. All’inizio del vertice, Germania e Francia non possono essere più lontane. Alla fine, lo scontro sembra (forse) stemperarsi. Ma Angela Merkel era arrivata con il solito «no» agli eurobond: e Francois Hollande con il solito «sì». Monti è stato a lungo al suo fianco: all’entrata, si sono presentati insieme, e fra loro c’è stato un incontro bilaterale, marcato da «condivisione e sintonia», (mentre non c’è stato l’incontro tradizionale fra i leader di Germania e Francia). Poi, è partita la navigazione a vista. La Merkel sarebbe a disagio, assediata dagli altri: Monti si è preoccupato dunque di attenuare nella cancelliera ogni sensazione di isolamento; sarebbe controproducente per tutti una reazione tedesca, aveva fatto intendere anche nei giorni scorsi. 
In tanti lo hanno capito. Ma la prova del fuoco per ognuno, mediatori e litiganti, è già  dietro l’angolo con l’appuntamento elettorale di Atene, il 17 giugno: l’ignoto.


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