Gli italiani mettono in banca 45 miliardi

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ROMA — Italiani sempre più formiche. Quelli che potrebbero spendere tengono il borsellino ben chiuso, come confermano i dati Istat sul crollo delle vendite al dettaglio, e preferiscono lasciare il denaro al caldo dei depositi bancari, al riparo da sorprese o tentazioni.
Ma nel contempo milioni di connazionali soffrono più di altri la crisi: secondo l’associazione Bruno Trentin-Isf-Ires Cgil, per la prima volta dall’inizio della crisi sono oltre 9 milioni le persone che vivono nell’area della sofferenza e del disagio occupazionale. E ieri, proprio per tentare di ribaltare la situazione e riaprire il dialogo sul lavoro, i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, hanno incontrato il numero uno di Confindustria, Giorgio Squinzi.
La prima sorpresa del giorno arriva però da uno studio di Unimpresa su dati Bankitalia, secondo cui il denaro lasciato negli istituti di credito è cresciuto di quasi 45 miliardi di euro in più in un solo anno. Nel gigantesco salvadanaio bancario delle famiglie, a giugno 2013 erano presenti poco meno di 850 miliardi di euro, con un incremento di 44,6 miliardi (+5,5%) rispetto agli 805 del giugno 2012. Secondo il centro studi, l’aumento complessivo delle riserve di imprese, famiglie e intermediari finanziari è pari a 100 miliardi. Anche i depositi bancari sono cresciuti: tra giugno 2012 e giugno 2013, il balzo è del 7,16%, da 1.390 miliardi a 1.490 (100 in più). In particolare salgono i depositi delle aziende (+9,10% da 180,7 a 197,2 miliardi) e quelli delle imprese familiari, passati da 45,2 miliardi a 46,1 miliardi (+2,11%).
Pure le banche sembrano preferire i depositi che risultano in crescita del 10,5% da 318,2 a 351,6 miliardi (+33,4). Per i pronti contro termine è stato rilevato un aumento di 18,5 miliardi da 129,6 miliardi a 148,1 miliardi (+14,29). Cresce lo stock di denaro lasciato nel conto corrente: ci sono 28 miliardi in più rispetto al 2012, dai 700 miliardi a 728 (+4,09%). Ma lo strumento principe tra quelli analizzati risultano essere i depositi vincolati a breve scadenza che garantiscono una discreta protezione dall’inflazione e registrano una crescita importante tra giugno 2012 e giugno 2013: sono passati da 281 a 322 miliardi (+14,45%).
Ma questa performance da record del salvadanaio degli italiani è stata ottenuta anche a scapito dei consumi. E l’Istat ieri ne ha documentato il crollo a giugno, con vendite in calo per gran parte delle tipologie di prodotti analizzate.
Nella media del trimestre aprile- giugno 2013 l’indice registra una diminuzione dello 0,3% rispetto ai tre mesi precedenti; mentre nel confronto con maggio 2013 diminuiscono dello 0,2%. Rispetto a giugno 2012, l’indice grezzo segna una flessione media del 3%. In pesante calo gli elettrodomestici (—5,9%) e i farmaceutici (—4,6%). Resistono a fatica i gruppi di prodotti di utensileria per la casa e la ferramenta (—0,6%) e le dotazioni per informatica, telecomunicazioni e telefonia (—1,3%) con una tenuta per l’hi-tech e i cellulari di ultima generazione. Insomma, gli italiani rinunciano a tutto. Ma non allo
smartphone.


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