La rivolta della gente di Albano «Difendiamo la nostra medaglia»

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ALBANO LAZIALE (Roma) — È giusto prendere a calci un carro funebre? «Sì — risponde pronto Roberto D’Agostini, che l’ha appena fatto —. Perché non si può prendere a calci la storia, non è giusto calpestare la memoria delle persone, dimenticare il tributo di sangue di tante famiglie che hanno avuto i loro cari trucidati dai nazisti. Ecco perché noi siamo qui. Albano è medaglia d’argento al valor civile, sei martiri delle Fosse Ardeatine erano di Genzano, le strade dei Castelli Romani sono piene di nomi delle vittime del nazifascismo…».
Per questo sono arrivati qui a decine, è bastato un tam tam telefonico appena la notizia si è sparsa, all’ora di pranzo, ed ecco che davanti al cancello verde della Fraternità San Pio X, in via Trilussa 45, s’è radunata presto una folla di gente che adesso grida «Assassino», «Priebke boia» e canta «O bella ciao, partigiano portami via».
Ennio Moriggi è il presidente dell’Anpi di Albano, l’associazione dei partigiani, ha un fazzoletto al collo e gli occhi rigati di pianto mentre ricorda i nomi dei partigiani caduti: Salvatore Fagiolo, 18 anni, fucilato a Forte Bravetta, Marco Moscati, partigiano ebreo, morto alle Fosse Ardeatine e Severino Spaccatrosi, che si fece 22 anni di confino. Questi sono luoghi della Resistenza che non perdonano, che non potranno mai farlo, chi ha organizzato il funerale di Priebke ha fatto male i suoi calcoli: «Il Padreterno ti avrà (forse) anche perdonato — recita uno striscione del comitato di quartiere — Ma noi no! Assassino».
Questi son paesi con una solida tradizione. Genzano un tempo la chiamavano «la piccola Mosca», c’era la scuola nazionale della Cgil, «vi trovarono asilo gli Inti Illimani scampati a Pinochet e il comandante Giap dell’esercito popolare vietnamita fu insignito della cittadinanza onoraria», ricorda con orgoglio Emiliano Viti, 36 anni, ex assessore genzanese alla Scuola e oggi in piazza contro Priebke dietro a uno striscione del movimento Ops (occupazioni precari e studenti). La guerra all’invasore, insomma, è una specialità vera dei Castelli, come il vino rosso e il pane appena sfornato.
Paride Bocale e suo figlio Ruben gridano in faccia ai poliziotti in assetto antisommossa: «Ma non vi vergognate a difendere questo criminale? Non m’importa se mi arrestate, io continuerò a protestare, non ho paura della galera, tanta gente nostra è stata in via Tasso, farmi arrestare oggi è per me un motivo di onore, è come una medaglia». Ci sono anche i sindaci, davanti al cancello del priorato di san Pio X: Nicola Marini di Albano, Flavio Gabbarini di Genzano, Milvia Monachesi di Castelgandolfo, portano tutti la fascia tricolore, vogliono che sia visibile la protesta e l’indignazione, questa mattina porteranno il loro sdegno anche al Ghetto di Roma, racconteranno direttamente al presidente Giorgio Napolitano tutta la rabbia provata per «essere stati bypassati» dal Prefetto di Roma e aver scoperto solo all’ultimo momento di dover ospitare nel loro territorio il funerale di Priebke: «Una ferita profondissima ci è stata inferta», dice il sindaco di Albano, che alla precisa domanda sui calci al carro funebre risponde senza l’ombra di un dubbio: «Io sono qui con loro, sono solidale».
Il presidio va avanti ininterrotto, dalle quattro del pomeriggio fino a tarda sera. Alessandra Colacchi, 28 anni, disoccupata, è la nipote di Mario Colacchi, partigiano di Genzano, che oggi non c’è più. Ai tanti fascisti in fondo alla via venuti ad onorare il Capitano Priebke lei mostra un cartello irridente: «Mio nonno vi ha fatto un culo così!». Odio profondo. Ferite che non si rimarginano. Albano, Italia, 15 ottobre 2013.
Fabrizio Caccia


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