I bimbi abbandonati e il dramma di Atene

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Dai microfoni dell’emittente Sky arriva la voce delle due giovani donne greche prive di «social security card» che raccontano i particolari sulle cure ricevute nel centro dei medici volontari di Hellenicò (vicino al mare, accanto al vecchio aeroporto di Atene) dove però non possono essere operate. Insomma, per accedere al servizio sanitario nazionale, l’unica strada per molti cittadini greci caduti nel buco nero della non copertura assicurativa è quella dell’appello diretto alle autorità di governo. Mentre per altri, anziani soprattutto, non rimane che rivolgersi alle associazioni che un tempo si occupavano di assistere esclusivamente gli immigrati e che ora, invece, devono offrire le loro cure gratuite ai greci finiti oltre la soglia della povertà: «Ormai — spiega il dottor Jannis Musalla, del board di Medici del Mondo — nel nostro centro di Erama, un quartiere popolare di Atene, 8 pazienti su 10 sono greci e vengono da noi anche quelli in cura presso il servizio pubblico che però non possono permettersi le medicine». Secondo il dottor Musalla — che insieme ai suoi colleghi ha incontrato il presidente della Camera, Laura Boldrini, in visita ufficiale ad Atene — i greci senza copertura sanitaria sarebbero circa tre milioni, poco meno di un terzo dell’intera popolazione». La crisi delle famiglie più deboli, poi, la tocca con mano anche Costas Yannopoulos, direttore del centro il «Sorriso del bambino», che ospita minori abbandonati e che ha visto crescere fino all’80% le presenze dei bimbi greci nella sua struttura. Da queste stanze colorate nascoste nella periferia nord di Atene è passata anche Maria, la bimba rom bionda dagli occhi verdi, che a metà ottobre ha fatto commuovere mezzo mondo: «Ecco — ha commentato la presidente Boldrini che ha voluto visitare anche questa realtà — se l’Europa vuole cambiare rotta deve partire dai più deboli. Perché l’Europa che impone solo sacrifici e austerity la gente non la capisce più. Il populismo anti europeo è un nemico in agguato, per questo dobbiamo far passare l’idea di un’altra Europa. Dobbiamo farlo prima che sia troppo tardi».


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