Ilaria Alpi, via il segreto gli atti tornano in Procura “Possibile un’altra verità”

Ilaria Alpi, via il segreto gli atti tornano in Procura “Possibile un’altra verità”

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Il governo ha deciso: toglierà il segreto sui documenti che ruotano attorno al traffico di rifiuti e di armi dall’Italia alla Somalia. Si potrà quindi tornare ad indagare sulla morte, ancora avvolta dal mistero, di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, l’inviata e l’operatore del Tg3 assassinati il 20 marzo del 1994 a Mogadiscio.
Si tratta di una decisione importante, per certi versi inedita. Almeno sul piano politico. L’annuncio arriva esattamente 20 anni dopo il tragico, duplice omicidio e a poche ore dalla richiesta ufficiale del presidente della Camera, Laura Boldrini. Aprire quello che l’alto rappresentante dei deputati ha definito «l’armadio della vergogna» forse non riuscirà a chiarire del tutto una vicenda che non può essere relegata ad un semplice tentativo di sequestro finito nel sangue. Ma potrà offrire nuovi spunti di indagine alla magistratura che ha deciso di acquisire la documentazione.
La Procura di Roma aveva finora avvalorato la tesi che la coppia di colleghi era rimasta vittima di un assalto portato avanti da un commando di sette uomini. C’era stato un processo in corte d’Assise ed era stato condannato a 26 anni di reclusione l’unico imputato, Hashi Omar Hassan, che si è proclamato sempre innocente. Ma le
modalità con cui l’uomo era stato individuato avevano spinto la Cassazione a parlare di «capro espiatorio». C’era la chiara volontà di chiudere un brutto capitolo della nostra avventura in Somalia nella missione “Restore hope”.
Il legale della famiglia, l’avvocato Domenico D’Amati, non si era rassegnato. Aveva fornito nuovi elementi di prova e chiesto alla Procura di insistere nelle indagini. Ma i pm, dopo alcuni accertamenti, avevano proposto l’archiviazione. Il gip Emanuele Cersosimo si è opposto e ha ordinato di approfondire 26 dei 40 punti indicati dalla memoria della parte civile. Le indagini hanno confermato che molti dei potenziali testimoni del duplice omicidio sono morti o irreperibili. Trovare qualcuno nell’inferno somalo, a distanza di 20 anni, non è certo un’impresa facile. Ma non impossibile.
Fonti qualificate della Presidenza del Consiglio non disperano di poter accertare la verità. Degli oltre 8 mila documenti raccolti dai Servizi di intelligence militari e civili solo 1.500 sono stati analizzati e richiesti dalle due Commissioni d’indagine parlamentare che hanno lavorato sul caso. Di altri 1.300 ne hanno chiesto in copia
600. Si tratta quindi di 2.100 appunti, informative, foto, relazioni, rapporti e segnalazioni su cui la Commissione ha svolto i suoi accertamenti e poi tratto delle conclusioni. Materiale che deve essere declassificato. Perché su un solo tema i diversi governi che si sono succeduti negli ultimi 20 anni hanno apposto il segreto di Stato.
Ad essere tutelato non è l’argomento indicato, ma la fonte che lo fornisce. Si tratta, probabilmente, di un agente somalo sotto copertura che lavorava, e forse lavora ancora, con i nostri Servizi. Le fonti governative non si sbilanciano. Ma fanno intuire che l’agente sotto copertura avrebbe indicato da subito che dietro la morte di Ilaria
e Miran c’era un’indagine delicata e pericolosa: quella di un traffico di rifiuti tossici e con il sospetto di una copertura delle nostre Istituzioni. Eravamo negli anni ‘90 del secolo scorso. In Somalia si raccoglievano solo voci, sospetti, illazioni su un traffico di scorie tossiche e radioattive. Ilaria Alpi e Miran Hrovatin le avevano raccolte, confrontate con le loro fonti e poi girate al sultano di Bosaso, nel Nord del paese, che ne era a conoscenza. Rifiuti in cambio di armi. Anche perché il sospetto dei due cronisti era che il tutto avveniva con i soldi della Cooperazione.
Una nuova analisi di questi documenti servirà soprattutto a capire come sono stati valutati da chi ne aveva preso visione. La Commissione parlamentare ha confrontato due relazioni che giungevano a conclusioni opposte. È prevalsa quella di maggioranza: omicidio a scopo di rapimento o rapina. Sarà interessante, leggendo i documenti presto declassificati, capire sulla base di quali prove. «È il miglior modo di onorare il lavoro di Ilaria – ha detto il ministro degli Esteri, Federica Mogherini – quella stessa ricerca della verità che muoveva lei, deve muovere noi nella ricerca della verità sulla sua storia e la sua fine».



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