«Sterilizzate» le imprese inquisite Cantone potrà rimuovere i manager

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Dopo ripetute analisi dei testi, revisioni e limature, la norma che attribuisce nuove competenze e poteri all’Autorità nazionale anticorruzione sugli appalti in corso ma sospetti di irregolarità, ha visto la luce. Il presidente della Repubblica ha firmato il decreto legge numero 90 del 2014, che contiene anche la norma che in prima stesura aveva suscitato più di una perplessità negli uffici giuridici e tecnici del Quirinale.
Perplessità relative alla parte in cui il provvedimento prevede la possibilità di chiedere al prefetto la gestione controllata di un’impresa coinvolta in indagini giudiziarie che abbiano svelato la fondata ipotesi di meccanismi corruttivi messi in atto per ottenere l’aggiudicazione dei lavori. Rispetto alla versione originaria, che contemplava questo intervento diretto, la fattispecie è stata modificata e in un certo senso gradualizzata.
In via generale, per come la legge è uscita dalle varie rielaborazioni, si potrà disporre la sostituzione di uno o più amministratori della ditta coinvolta nelle inchieste (o anche solo presunti tali), e soltanto per i casi più gravi l’Autorità anticorruzione avrà la facoltà di chiedere l’amministrazione controllata. Cioè potrà promuovere «la straordinaria e temporanea gestione dell’impresa appaltatrice limitatamente alla completa esecuzione del contratto di appalto oggetto del procedimento penale». Si tratta di una soluzione più garantista rispetto a quella studiata inizialmente, che però in qualche modo non rispetta del tutto l’ispirazione iniziale della norma. Perché la filosofia con cui era stata pensata non era di imporre una sanzione a imprese e persone inquisite per malversazioni o imbrogli, bensì impedire che le imprese o le persone inquisite non possano godere dei benefici dei reati che si sospetta abbiano commesso.
Sebbene in una forma attenuata, la versione che sarà pubblicata oggi sulla Gazzetta Ufficiale , consentirà comunque al magistrato Raffaele Cantone, chiamato a presiedere la nuova Autorità a cui è stata attribuita anche questa competenza sull’onda degli scandali legati all’Expo 2015 e al Mose di Venezia, di avere margini di manovra per operare secondo lo spirito originario della norma. Ed è immaginabile, ad esempio, che un’impresa come la Maltauro — chiamata in causa in maniera diretta nell’indagine milanese sulla corruzione legata agli appalti per l’Expo — possa finire sotto amministrazione controllata. O almeno che l’Autorità di Cantone lo chieda.
Le perplessità erano legate a possibili contrasti della nuova norma con l’articolo 41 della Costituzione che garantisce la libertà dell’iniziativa economica privata; tuttavia i fenomeni corruttivi si possono considerare essi stessi un attentato alla libertà d’impresa, poiché chi compra le decisioni di coloro che devono assegnare i lavori taglia fuori dal gioco i concorrenti corretti, e viola automaticamente le regole del libero mercato. Dunque impedire che possa godere dei benefici del reato diventerebbe una difesa della libertà d’impresa. In questo senso la riforma diventa un modo per garantire una concorrenza reale e non falsata dalla corruzione.
Risolte anche le perplessità relative al superamento dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici inglobata dalla nuova Anac, in virtù del fatto che si tratta di una «successione tra Enti» prevista dai principi generali del diritto amministrativo.
Giovanni Bianconi



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