Pirelli, a ChemChina subito il 65%

Pirelli, a ChemChina subito il 65%

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MILANO Riunioni senza sosta per dare la spinta finale all’operazione di riassetto della Pirelli. Ieri è proseguito il lavoro di rifinitura della manovra che porterà all’ingresso di China National Chemical Corporation nell’azionariato della Bicocca e al ritiro della Pirelli da Piazza Affari per mezzo di un’opa. Un’operazione complessa, anche dal punto di vista societario, la cui messa a punto ha richiesto un lungo lavoro di rifinitura che oggi dovrebbe concludersi con il via libera di Camfin, Nuove Partecipazioni, Coinv, Intesa Sanpaolo e Unicredit, coinvolte direttamente nel riassetto. La nuova riorganizzazione del gruppo della Bicocca, la quarta in sei anni condotta da Marco Tronchetti Provera, avrà impatto anche sulle attività industriali. L’alleanza con ChemChina darà infatti alla Pirelli la possibilità di creare valore mettendo insieme le attività negli pneumatici «industrial» con quelle di Aeolus, la controllata della conglomerata cinese, con cui darà vita al quinto gruppo mondiale in questo segmento.
L’arrivo di ChemChina alla Bicocca rivoluziona l’asse delle alleanze industriali create da Tronchetti, che poggiavano sulla sponda di Rosneft, entrata un anno fa comprando la metà di Camfin. Il gruppo petrolifero di Igor Sechin si è tuttavia ritrovato a fare i conti con il crollo del greggio e le sanzioni internazionali per l’escalation della crisi ucraina. Ora fa un passo indietro per lasciare spazio a cinesi, i quali avranno però un peso maggiore in Pirelli. Saranno in trasparenza i primi azionisti. E questo preoccupa i sindacati. «La vendita di un pezzo pregiato del nostro sistema industriale, quale è Pirelli, a capitali stranieri non sarebbe in sé un dramma se il capitalismo italiano fosse in grado di reggere le sfide della competizione internazionale e il governo avesse una politica industriale» ha commentato il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso. Per la leader cisl, Annamaria Furlan «l’operazione finanziaria che l’ha portato in mano al colosso ChemChina deve significare una opportunità per il rilancio dell’industria manifatturiera e non lo smantellamento». «Il governo non è ancora riuscito a fissare regole per evitare che, in un regime di globalizzazione, l’Italia diventi un discount» è invece la critica del segretario generale uil, Carmelo Barbagallo. Parla di «amarezza« infine Cesare Romiti, fondatore e presidente della Fondazione Italia-Cina, «ma — aggiunge — sono convinto che ci saranno benefici».
Secondo gli accordi definiti ieri il colosso di Pechino rileverà il 26% della Pirelli in mano ai soci di Camfin pagando 15 euro ad azione e lo stesso prezzo verrà proposto al mercato con l’opa, per la quale sono pronti oltre 7 miliardi di euro. A lanciarla sarà una società veicolo partecipata in maggioranza, al 65%, da ChemChina e per i restanti 35% , dagli attuali soci italiani della Bicocca, più i russi, con l’obiettivo di ritirare Pirelli dal listino e procedere al riassetto industriale. Una volta completato, Tronchetti potrà decidere di portare in Borsa la «nuova Pirelli», che a quel punto conterrà solo gli pneumatici premium, la parte «nobile». I dettagli sono attesi per domani, prima della riapertura di Piazza Affari.
Federico De Rosa


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