Syriza alza il livello dello scontro. E vince

Syriza alza il livello dello scontro. E vince

Loading

È un’estate di fuoco quella che si pro­fila davanti alla Gre­cia: da qui a set­tem­bre il paese elle­nico deve rim­bor­sare quasi 3 miliardi al Fmi (di cui 1,6 miliardi a giu­gno), 7 miliardi alla Bce e 600 milioni di inte­ressi. Sono soldi che la Gre­cia non ha. Al mas­simo – e non è detto – il governo potrebbe raci­mo­lare per il rotto della cuf­fia i 300 milioni della rata del Fmi in sca­denza il 5 giu­gno, ma Syriza l’ha detto chia­ra­mente: la Gre­cia non rim­bor­serà la rata del 5 giu­gno se non c’è una pro­spet­tiva di accordo con i cre­di­tori. Que­sto dimo­stra la volontà del governo greco di alzare il livello dello scon­tro – nes­sun paese svi­lup­pato si è mai rifiu­tato di ripa­gare il Fondo, e quei paesi che l’hanno fatto se ne sono pen­titi ama­ra­mente – pro­prio nel momento in cui la trat­ta­tiva con i cre­di­tori giunge al redde rationem.

Se è vero, come molti hanno scritto, che le due parti sono ingag­giate ormai da mesi in una sorta di “chic­ken game” – che si rifà al famoso film Gio­ventù bru­ciata, in cui due ragazzi fanno una gara di corag­gio cor­rendo con la mac­china verso un bur­rone: chi sterza per primo perde, ma ovvia­mente se alla fine non sterza nes­suno mori­ranno entrambi – allora Tsi­pras sta dando prova di non avere nes­suna inten­zione di levare il piede dall’acceleratore. Anche per­ché, regalo invo­lon­ta­rio della con­tro­parte, pro­prio in virtù del dilun­garsi delle trat­ta­tive la Gre­cia ha sem­pre meno da per­dere. A causa della con­ti­nua emor­ra­gia di capi­tali dalla Gre­cia – i depo­siti presso le ban­che gre­che hanno rag­giunto il livello più basso da dieci anni a que­sta parte – le ban­che sono sem­pre più dipen­denti dalla liqui­dità di emer­genza della Bce for­nita attra­verso l’Emergency Liqui­dity Assi­stance (Ela). Se da un lato que­sto pone il paese sem­pre più alla mercé della banca cen­trale, dall’altro – come ha fatto notare il falco tede­sco Hans-Werner Sinn – fa anche lie­vi­tare i costi per la con­tro­parte di un’eventuale uscita della Gre­cia dall’euro, poi­ché aumen­tano i cre­diti dell’Eurosistema nei con­fronti della banca cen­trale greca all’interno del sistema Target2, sem­pre attra­verso l’Ela (che in caso di uscita, ovvia­mente, andreb­bero in buona parte per­duti). Oggi que­sti ammon­tano a circa 100 miliardi di euro, pari quasi a due terzi il red­dito nazio­nale della Gre­cia. Come dice l’adagio, se devi alla banca mile euro è un pro­blema tuo, ma se le devi un milione è un pro­blema della banca. A que­sto si aggiunge il fatto che, come si diceva, le casse dello Stato sono ormai al verde. Nei primi quat­tro mesi dell’anno, il governo è riu­scito ad otte­nere un avanzo pri­ma­rio supe­riore al pre­vi­sto, ma que­sto è andato tutto a coprire le ultime sca­denze di rim­borso. Col risul­tato che oggi il governo non ha abba­stanza soldi in cassa per rispet­tare le sca­denze di giu­gno e pagare al con­tempo le pen­sioni e i salari dei dipen­denti pub­blici. Secondo fonti vicine al governo greco, la solu­zione choc sug­ge­rita qual­che mese fa dai cre­di­tori sarebbe di «non pagare gli sti­pendi e le pen­sioni per uno o due mesi»; un’ipotesi ovvia­mente respinta dalla Gre­cia, che per bocca di Varou­fa­kis ha rispo­sto che «pre­fe­riamo pagare un pen­sio­nato rispetto a un cre­di­tore». In sostanza, se non viene sbloc­cata l’ultima tran­che di aiuti da 7,2 miliardi di euro, la Gre­cia sarà costretta a fare default, il che potrebbe tran­quil­la­mente por­tare alla fuo­riu­scita incon­trol­lata del paese dalla moneta unica, con tutti i rischi che que­sto com­por­te­rebbe, non solo per la Gre­cia per ma l’Europa intera. Uno sce­na­rio che l’establishment euro­peo (leggi Mer­kel e Dra­ghi) sem­bre­rebbe deciso a scon­giu­rare, mini­miz­zando però i costi poli­tici ed eco­no­mici – per loro stessi ovvia­mente – di una per­ma­nenza di Atene nell’eurozona. È que­sto, e non la pre­sunta intran­si­genza greca, il motivo per cui rag­giun­gere un accordo finora si è rive­lato così dif­fi­cile. Come ha scritto di recente Paul De Grauwe: «È l’intransigenza e l’irragionevolezza dei cre­di­tori – che insi­stono su ulte­riori misure di auste­rità quando il fal­li­mento di que­ste è sotto gli occhi di tutti – ad essere respon­sa­bile del dramma in corso».

L’obiettivo? Desta­bi­liz­zare il nuovo governo greco o ancora meglio otte­nere un cam­bio di regime nel paese, secondo l’economista belga. Una stra­te­gia che però ha sor­tito l’effetto oppo­sto, come si diceva. In un duris­simo j’accuse pub­bli­cato pochi giorni fa su Le Monde, Tsi­pras ha dura­mente cri­ti­cato «l’insistenza di alcuni attori isti­tu­zio­nali nel pre­sen­tare pro­po­ste assurde» e la loro «totale indif­fe­renza verso la recente scelta demo­cra­tica del popolo greco», accu­san­doli di voler creare «una zona euro a due velo­cità, dove il cuore fis­serà regole severe in tema di auste­rità e di adat­ta­mento e nomi­nerà un super mini­stro delle Finanze dell’eurozona con poteri illi­mi­tati e per­sino la facoltà di rifiu­tare bilanci di Stati sovrani che non siano alli­neati con il neo­li­be­ri­smo estremo». Nell’articolo, Tsi­pras ha anche riba­dito il suo secco no a pro­ce­dere con l’ulteriore sman­tel­la­mento del mer­cato del lavoro e ulte­riori tagli alle pen­sioni. Come se non bastasse, alla pro­po­sta pre­sen­tata lunedì dai cre­di­tori, Atene ha rispo­sto con una sua contro-proposta, but­tando la palla nel campo degli altri lea­der euro­pei. «Non stiamo aspet­tando che ci fac­ciano un’altra pro­po­sta», ha sot­to­li­neato Tsi­pras. Una par­tita peri­co­losa gio­cata tutta in con­tro­piede dal lea­der greco, che però sem­bra aver pagato. Secondo le ultime noti­zie, infatti, i cre­di­tori si sareb­bero decisi a tro­vare un accordo “a tutti i costi” al fine di evi­tare il default. E per farlo avreb­bero ceduto, pare, su quasi tutta la linea, accon­sen­tendo ad un avanzo pri­ma­rio greco dell’1% per il 2015 – rispetto al 4,5% pre­teso ini­zial­mente – e, soprat­tutto, a riman­dare la discus­sione su lavoro e pen­sioni alle pros­sime settimane.

Un dra­stico cam­bio di mar­cia, det­tato pro­ba­bil­mente anche dalla cre­scente pres­sione eser­ci­tata dagli Usa e dal muta­mento degli equi­li­bri euro­pei anti­ci­pato dalla recente avan­zata elet­to­rale di Pode­mos in Spa­gna. Una vit­to­ria non da poco per Tsi­pras, che è riu­scito in un colpo solo a spo­stare la discus­sione dal piano tec­nico a quello poli­tico e – cosa ancor più impor­tante – a gua­da­gnare tempo pre­zioso, in attesa di uno sce­na­rio poli­tico più favo­re­vole. Una bat­ta­glia vinta in una guerra che è desti­nata a durare ancora a lungo.



Related Articles

2014, l’anno delle crudeltà crescenti

Loading

Il 2014 è stato l’anno delle cru­deltà cre­scenti. La guerra non si è arre­stata come mezzo di riso­lu­zione delle crisi ed è rie­splosa, dopo il disa­stro bal­ca­nico degli anni Novanta, ancora una volta in terra europea

Tasse sul risparmio, Tremonti fa saltare l’accordo

Loading

Il ministro attacca la Svizzera. Scontro all’Ecofin. Ratificata designazione di Draghi alla Bce. In discussione le nuove misure in arrivo per la Grecia anche se la Merkel è sempre contraria 

 

L’esercito preme, ma Morsi non cede: «Non ci ruberanno la rivoluzione»

Loading

Ancora morti in piazza. Appello dei Fratelli musulmani al «martirio»

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment