Catalogna: “Indipendenti tra 18 mesi”

Catalogna: “Indipendenti tra 18 mesi”

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BARCELLONA. Poche centinaia gli indipendentisti, solo alcune decine gli unionisti: i due fronti inconciliabili, separati da un modesto cordone di Mossos d’Esquadra, gli agenti della polizia regionale, si beccano con scambio d’insulti e slogan contrapposti accanto alla vecchia sede dell’arsenale militare nel Parc de la Ciutadella. Tensione contenuta, ma nulla dà l’idea di una giornata “storica” se non fosse per il maxischermo che, dall’interno dell’emiciclo, poche decine di metri più in là, trasmette la solennità della “desconnexió”, il più grave gesto di sfida all’unità di Spagna mai registrato in quasi quarant’anni di democrazia.
Le forze separatiste mantengono la promessa intorno alla quale avevano orchestrato tutta la campagna per le ultime elezioni dello scorso 27 settembre, trasformate in una sorta di plebiscito pro o contro il divorzio da Madrid: assicuravano che avrebbero bruciato le tappe della rottura e l’hanno fatto. Quando il tabellone elettronico mostra i 72 puntini verdi del “sì” e i 63 del “no”, in strada scatta l’applauso, si sventolano le “estelades” e si canta l’inno Els Segadors. Ma se il risultato è chiaro, il futuro è più che mai incerto. La mozione parlamentare votata dai nazionalisti di Junts pel Sí e dalla sinistra radicale della Cup stabilisce solennemente «l’inizio del processo di creazione dello Stato catalano indipendente sotto forma di Repubblica». E non è solo una semplice dichiarazione di principio: il testo, appena due paginette, non più di 40 righe, indica un termine massimo di trenta giorni per la presentazione delle prime leggi costituenti del nuovo Stato ancora inesistente, con la creazione di una previdenza sociale e di un fisco catalano.
Lo scenario che si prospetta è quello della disobbedienza alle leggi spagnole e alle sentenze del Tribunale costituzionale. Ma è proprio qui che si svolgerà nelle prossime ore il primo braccio di ferro, dalle conseguenze ancora imprevedibili. Il premier Mariano Rajoy promette fermezza evitando, per il momento, i toni apocalittici: «Utilizzeremo solo lo Stato di diritto, però tutto lo stato di diritto, solo la democrazia, però tutta la forza della democrazia». Nella pratica, il Consiglio dei ministri, in seduta straordinaria, chiederà l’immediato intervento dell’Alta Corte, che entro giovedì dovrebbe dichiarare illegittima (e quindi nulla) la mozione votata dal Parlament. Potrebbe essere solo il passo iniziale delle possibili ritorsioni. Con tono vagamente minaccioso, sia il ministro dell’Economia Luis de Guindos che il titolare degli Interni Jorge Fernández Díaz annunciano che «tutto è pronto» per bloccare le aspirazioni separatiste di Barcellona. Quella che manca al momento, può sembrare paradossale, è la controparte: la Catalogna non ha infatti ancora un nuovo governo. È quasi certo che la candidatura di Artur Mas verrà bocciata dalla sinistra radicale. Anche gli indipendentisti litigano.


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