In un video le ragazze di Chibok “Ma il governo non fa nulla per loro”

In un video le ragazze di Chibok “Ma il governo non fa nulla per loro”

Loading

«IL RAPIMENTO di 210 ragazze di Chibok, due anni fa, da parte di Boko Haram ha ferito profondamente la società nigeriana. Ed è una ferita che non si rimarginerà facilmente. Siamo un paese a pezzi: che non ha fiducia nel governo né nell’esercito. E che non sa più guardare al futuro». Sono amarissime le parole di Okey Ndibe, uno dei più autorevoli scrittori nigeriani viventi. Cinquantasei anni, giornalista e romanziere (in Italia è pubblicato il suo Il prezzo di Dio, ed. Clichy), nonostante viva negli Stati Uniti, è attentissimo ai problemi del suo paese.

A due anni dal rapimento, un video mostra che le ragazze sono vive. Non le dà speranza?

«Naturalmente. Ma anche se dovessero essere liberate domani, non mi faccio illusioni. L’esperienza di questi due anni le segnerà per il resto della vita. Anche se tanti sono sinceramente preoccupati per la per la loro sorte, la Nigeria non è pronta a riaccoglierle. La nostra è una società dove le donne vengono discriminate e abusate anche quando hanno subito violenze terribili. Mi auguro che la comunità internazionale si impegnerà a prendersi cura di queste ragazze perché il governo nigeriano non sarà in grado».

La sua è un’accusa grave…

«Quando le ragazze vennero rapite nel 2014 il vecchio governo non fece nulla per ritrovarle. Addirittura ci fu chi, nelle ore successive, negò che il rapimento fosse realmente accaduto. Altri dissero che i genitori erano in combutta con i terroristi. Le cose non sono cambiate. Il presidente Buhari ha recentemente ammesso di non essere in grado di localizzarle. Eppure sappiamo che almeno un governo occidentale ha fornito informazioni in tal senso. In questa storia ci sono troppi misteri».

Cosa imputa al governo?

«Purtroppo in Nigeria l’unica cosa che conta è accaparrarsi un potere che viene poi usato solo per i propri interessi e non per il benessere di quelli che pure dovrebbero essere il futuro della società: i giovani. Poveri, giovani e donne sono come dei paria: lo dimostra il modo in cui a queste ragazze è stata negata la dignità di vivere e studiare. Si sapeva benissimo che in quella regione le scuole fossero un obiettivo dei terroristi. Nessuno ha fatto niente per proteggerle».

Come ha reagito la gente in Nigeria?? Quanto ha influito questa tragedia sulle loro vite?

«Gli indignati sono moltissimi. Condividono il dolore dei genitori di quelle ragazze e sono consapevoli che non è solo di un problema locale, ma che sulla sorte delle ragazze di Chibok c’è l’attenzione del mondo intero,?che ora non può più far finta di ignorare quanto i governi nigeriani siano carenti. Purtroppo però all’interno del Paese la sorte delle ragazze è l’ennesima occasione di lite politica. Ci si rimbalza responsabilità. Provo vergogna e dolore per tutto questo».

La comunità internazionale sta facendo abbastanza?

«Probabilmente sì: purtroppo quel che conta è quel che non si fa in Nigeria. Dove visto che non si punta sull’istruzione scolastica, l’ignoranza porta alcune comunità ad agire nei confronti delle vittime con la stessa violenza dei terroristi che ne sono stati carnefici?. C’è chi torna incinta del figlio di un terrorista. Non importa che sia stata stuprata: subisce l’ostracismo di tutto il villaggio. La verità è che queste ragazze, libere o prigioniere che siano, sono lasciate sole».

È possibile che cambi qualcosa??

«Da noi manca il concetto di sostegno sociale delle vittime. Una volta portate via, le ragazze non vengono più considerate parte della comunità. Questa particolare natura della società nigeriana non mi rende particolarmente speranzoso. Ed è per questo che parlo di società ferita: l’istruzione può cambiare le cose. Ma in un paese dove i terroristi attaccano le scuole e il governo non fa nulla per difenderle, la cura sarà difficile da trovare. Perché se non si punta tutto sull’istruzione dei giovani e delle donne, il futuro scompare».



Related Articles

Uranio impoverito: qualcuno dovrà  pure chiedere scusa

Loading

  Il Caporalmaggiore Valery Melis – Foto: OBC

Il Caporalmaggiore Valery Melis morì il 4 febbraio 2004 a ventisette anni. Nei giorni scorsi, finalmente, il Tribunale Civile di Cagliari ha riconosciuto la responsabilità  dell’Esercito Italiano nel non aver fatto nulla per proteggere i soldati dall’uranio impoverito, nonostante fosse a conoscenza dei rischi di contaminazione.

La Turchia che sfida Erdogan: una marcia per la giustizia

Loading

Da Ankara a Istanbul. Operai, minatori, giornalisti, impiegati, familiari di detenuti, ultrà: ognuno porta in strada la sua storia. La protesta indetta dal partito repubblicano arriva a Istanbul, dopo 480 km: 100mila i partecipanti

Sbarchi a Lampedusa Si rovescia barcone dispersi tre migranti

Loading

  LAMPEDUSA — Oltre duemila persone in due giorni: è l’ultimo bilancio degli sbarchi a Lampedusa e a Pantelleria. Favoriti dalle buone condizioni meteo, sono arrivati complessivamente undici barconi, sottolineano al Comando generale delle Capitanerie di Porto.

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment