Olivetti, nuova perizia sulla morte degli operai

Olivetti, nuova perizia sulla morte degli operai

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Sarà una nuova perizia super partes, quella disposta dal giudice Elena Stoppini, a chiarire una volta per sempre se i 14 ex lavoratori dell’Olivetti, al centro del processo che si sta celebrando a Ivrea, si sono ammalati e sono morti (eccetto due, affetti da tumore ma ancora in vita) a causa dell’esposizione all’amianto. Test più moderni saranno eseguiti entro la prossima udienza nel reparto di anatomia patologica dell’istituto clinico Humanitas di Rozzano (Milano). E i risultati, a quel punto, saranno indiscutibili.

La decisione del tribunale segue le insistenti richieste degli avvocati difensori che in questa fase del dibattimento hanno presentato, udienza dopo udienza, tesi opposte all’accusa a proposito delle diagnosi. La procura di Ivrea, sostenuta in aula dai pm Francesca Traverso e Laura Longo, ha individuato con certezza in almeno 13 casi, il mesotelioma pleurico come motivazione del decesso e delle gravissime malattie. Le difese dei 18 imputati, invece, con tempi e modi diversi hanno cercato di ribaltare questa tesi, e hanno sostenuto che la sola analisi delle cartelle cliniche dei pazienti non è sufficiente a stabilire con certezza il nesso tra l’esposizione alla fibra killer e la malattia.

Ieri, in aula, è stata la volta di Enrico Pira, il consulente tecnico per la difesa di Carlo De Benedetti e Corrado Passera. Il professore di medicina del lavoro all’Università di Torino è certo, e lo ha spiegato al giudice, che sia stata un’occlusione intestinale, e non un mesotelioma pleurico, a uccidere, per esempio, Marcello Costanzo, l’ex dipendente Olivetti deceduto il 30 gennaio 2012, una delle vittime del processo. Pira ha anche detto, più in generale, che tutti i mesoteliomi possono essere stati contratti in qualunque circostanza, non per forza sul luogo di lavoro.

Opposta è l’idea della procura: è vero, spiegano i pm, il bollettino necroscopico di Costanzo riporta come causa ultima della morte l’occlusione intestinale, ma le cause remote del decesso sono da attribuire al mesotelioma una malattia legata a doppio filo con il contatto con particelle di amianto.

Il giudice Stoppini, d’accordo con pm e avvocati, ha affidato l’incarico congiunto ai due consulenti che avevano documentato le tesi opposte: Donata Bellis per l’accusa, e Massimo Roncalli per Telecom, responsabile civile. Bellis, nella consulenza di parte, aveva già riconosciuto che sarebbe stato utile approfondire tre casi di morte. Roncalli, invece, era dubbioso su tutte le diagnosi eccetto tre. I due a questo punto cambiano ruolo e si trasformano in esperti super partes, incaricati direttamente dal tribunale di riesaminare tutti e 14 i casi.

Una squadra di polizia giudiziaria ha raccolto tutti i vetrini istologici — custoditi in diversi ospedali — e li ha consegnati al reparto di anatomia patologica dell’Humanitas, dove saranno riesaminati alla luce delle migliori tecnologie attualmente disponibili.

I test sono cominciati il 29 aprile e proseguiranno il 13 maggio. «È un accertamento che completa il quadro probatorio » ha commentato il procuratore capo di Ivrea, Giuseppe Ferrando. «Naturalmente — hanno aggiunto fonti vicine agli inquirenti — sarebbe stato ottimale disporre una perizia interpellando nuovi specialisti. Ma con la soluzione scelta dal giudice si guadagna tempo e si risparmiano soldi». Il 16 maggio, il giudice comunicherà alle parti l’esito della perizia.

 



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