Bruxelles non boccia il «muro» di Vienna Ipotesi di infrazione per l’Italia sui rimpatri

Bruxelles non boccia il «muro» di Vienna Ipotesi di infrazione per l’Italia sui rimpatri

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La lettera è stata trasmessa al Viminale sei giorni fa e contiene tre punti di contestazione alle politiche migratorie dell’Italia. Quanto basta per riaprire lo scontro con Bruxelles. Perché il documento firmato dal commissario Dimitris Avramopoulos fa proprie «le preoccupazioni espresse dall’Austria riguardo al potenziale aumento di migranti in provenienza dall’Italia». E non esclude che sui Cie possa essere avviata una procedura di infrazione. Nel giorno in cui la stessa Commissione europea decreta ufficialmente il fallimento del piano di ricollocamento dei profughi giunti nel nostro Paese e in Grecia — appena 1.500 trasferimenti a fronte dei 160 mila previsti per la fine del 2017 — si scopre che anche Roma è sotto tiro. Durissima la reazione del ministero dell’Interno, dove si sottolinea: «Il nostro impegno è massimo, ma non riusciamo nemmeno a garantire il trasferimento degli eritrei che hanno diritto all’asilo visto che gli Stati membri non forniscono alcuna collaborazione». Proprio ieri il prefetto Mario Morcone ha evidenziato come «nelle strutture sono attualmente presenti ben 120 mila stranieri».

Il «muro» austriaco

Scrive Avramopoulos: «Ho ribadito che il Codice frontiere Schengen vieta l’installazione di recinzioni alle frontiere interne. Tuttavia è possibile, in via eccezionale, adottare misure provvisorie per incanalare i flussi migratori, se necessario e proporzionato. Per preservare l’integrità dello spazio Schengen, condivido tuttavia le preoccupazioni espresse dall’Austria riguardo al potenziale aumento dei movimenti secondari di migranti in provenienza dall’Italia e all’importanza dell’essere preparati ad affrontare i flussi migratori provenienti dalla rotta del Mediterraneo centrale. In tale contesto è fondamentale che l’Italia — uno degli Stati membri in prima linea, particolarmente esposto alla rotta del Mediterraneo centrale proveniente dalla Libia — intensifichi gli sforzi già in atto per fornire le condizioni di accoglienza necessarie ai migranti in arrivo e per prevenire le fughe».

Cie e «hotspot»

Ieri il ministro Angelino Alfano si è detto «disponibile ad aprire due nuovi centri di smistamento» ed è tornato a proporre «hotspot» galleggianti. Su questo la posizione della Commissione è però netta: «Frontex non dispone in permanenza di navi più grandi. Confido che l’Agenzia valuterà la proposta ma, come viene giustamente osservato nella lettera, il trasferimento in alto mare da una nave all’altra di un gran numero di migranti soccorsi/intercettati ne metterebbe a rischio la vita». Critiche forti di Avramopoulos anche sulle strutture: «Pur riconoscendo il forte impegno dell’Italia, un gran numero di sbarchi avvengono al di fuori dei punti di crisi (hotspot), e i previsti gruppi mobili addetti ai punti di crisi non sono ancora operativi. È quindi importante predisporre i punti di crisi supplementari in Sicilia. Per quanto riguarda il rimpatrio e la riammissione, l’attuale capacità ricettiva dei centri di trattenimento chiusi è chiaramente insufficiente e deve essere ampliata rapidamente. Occorre inoltre predisporre urgentemente un nuovo programma di rimpatrio volontario assistito».

Flop del piano Juncker

Ieri la Commissione ha dovuto riconosce in un rapporto ufficiale il fallimento completo dell’agenda Juncker approvata nell’ottobre scorso. A fronte dei 20 mila profughi da ricollocare entro metà maggio, Italia e Grecia sono riusciti a trasferirne appena 1.500: dal nostro Paese sono partiti solo 595 stranieri, di cui 24 bambini. La Ue conferma che «Austria, Ungheria e Slovacchia non hanno ancora offerto di ricollocare alcun profugo, mentre Germania e Polonia non rispettano l’obbligo di indicare, ogni tre mesi, il numero di richiedenti asilo da accogliere».

Fiorenza Sarzanini



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