GIUSTIZIA: Morto a 18 anni. La madre sul blog: è stata la polizia

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(dal “Corriere della Sera, 13 gennaio 2005)

Morto a 18 anni. La madre sul blog: è stata la polizia
Ferrara, i sospetti della famiglia: picchiato dagli agenti. La questura: non è vero

DAL NOSTRO INVIATO
FERRARA – Steso a terra, ammanettato, il volto sull’asfalto, le mani dietro la schiena. Così è morto Federico Aldrovandi, 18 anni, di Ferrara, studente di elettrotecnica, pony express nel tempo libero. Se n’è andato all’alba del 25 settembre scorso, dopo una notte passata a Bologna, con gli amici. Che cosa l’abbia ucciso non è chiaro. Per trovare la verità la madre, Patrizia, ha aperto un blog su Internet ( federicoaldrovandi.blog.kataweb.it ): oggi è tra i più consultati d’Italia.

MISTERO – Non è ancora mattina, quando quasi 4 mesi fa Federico torna a casa a piedi, dopo aver salutato la compagnia. Da questo momento in poi la sua storia diventa un mistero. Secondo la polizia, il giovane urla, sbatte la testa contro i pali della luce. Alle 5,47 una donna chiama il 112. L’allarme passa alla polizia. Interviene una volante con due agenti. Cercano di calmarlo. Dicono che Federico, cintura marrone di karate, si scatena e cercano rinforzi. Solo dopo, in quattro, lo ammanettano. Federico sviene. Forse è già morto. Arrivano i medici del 118. La Procura apre un’inchiesta mentre la famiglia Aldrovandi è già sul piede di guerra. Il giorno del funerale, i genitori vedono Federico con il volto tumefatto. All’autopsia inviano i loro periti. Dall’esame tossicologico risulta che quella sera il ragazzo ha fatto uso di droghe: probabilmente due francobolli all’Lsd, comperati in un centro sociale. Ma all’ipotesi del malore dovuto alla droga mamma e papà Aldrovandi si ribellano. Per loro la questione è un’altra: «Sospettiamo che Federico sia stato picchiato dai poliziotti – spiega l’avvocato, Fabio Anselmo -, sul corpo aveva segni di manganellate. Forse poteva essere salvato». Nessun dubbio, invece, in questura: «Gli agenti hanno fatto del loro meglio – dice il questore Elio Graziano -. Le percosse? La procura ha fatto sapere che l’autopsia le ha escluse come causa di morte. Volevamo solo impedirgli di farsi del male». E i legali della famiglia: «E’ la terza versione fornita dalla questura dopo il malore fatale e l’aggressione selvaggia».

AUTOPSIA – Ora occorrerà attendere gli esiti dell’autopsia. Ma sulla morte di Federico sono in tanti a volere chiarezza. A cominciare dai deputati di Rifondazione Titti De Simone e Franco Giordano, che hanno presentato un’interrogazione a Pisanu; a Dario Franceschini della Margherita; al sindaco di Ferrara, Gaetano Sateriale (Ds), che chiede alla magistratura di «trovare la verità». Pronta la reazione del Viminale: attendiamo la chiusura delle indagini per un’eventuale inchiesta.
Gra. Mot.

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L’INTERVISTA
«Era un gigante buono, me l’hanno distrutto»

DAL NOSTRO INVIATO
FERRARA – «Ho sempre pensato che sopravvivere a un figlio fosse un dolore insostenibile, ora mi rendo conto che in realtà non si sopravvive: una parte di me non c’è più, non ha più respiro, luce, futuro». Quello che rimane di Patrizia Aldrovandi, 44 anni, impiegata al Comune di Ferrara, è raccontato sul blog che per disperazione ha aperto il giorno dopo l’inizio dell’anno per «rompere il silenzio, per uscire allo scoperto». Una controfigura di donna che non trova più nemmeno le lacrime. Mentre dentro il dolore la opprime. Un senso di impotenza che solo a momenti lascia spazio alla rabbia. Come è successo il 2 gennaio scorso, quando Patrizia ha deciso di sedersi al computer e riversare il proprio dolore nella rete. Una lettera pubblicata sul web: «Scrivo la storia di quello che è successo a mio figlio, non la sua vita, anche se di soli 18 anni». Comincia con il pranzo, le chiacchiere, le risate dell’ultimo giorno trascorso insieme. Poi il programma della serata: il concerto a Bologna con gli amici. Il 24 settembre Federico consegna le ultime pizze e passa da casa per cambiarsi le scarpe: è l’ultima volta che sua madre lo vede. Poi la tragedia. «Mi sono svegliata alle 8, ho cominciato a chiamarlo sul cellulare, mi aggrappavo all’idea che lo avesse perso».
Poi la notizia e i sospetti: «L’ho rivisto nella bara. Il mio bambino era stupendo, me l’hanno distrutto. La polizia mi raccontava che si era fatto male da solo, che era successo perché era un povero tossico e noi sfortunati. Ho saputo della droga, ma era irrilevante. Me lo vogliono uccidere due volte…». Il suo amore di madre, invece, le fa credere che Federico sia scappato, quella mattina, per non farsi prendere dai poliziotti, per una pillola di troppo, perché non aveva la carta di identità. Poi se lo immagina ammanettato, a pancia in giù. E, scrive, «quando lo hanno immobilizzato non ha più avuto la forza di respirare». Se lo vede ancora davanti, il suo Federico, gigante buono, un metro e 80 tutto muscoli, solo di fronte alla morte. E non si dà pace: «Penso a quanto ha dovuto soffrire prima di morire».
Ora non cerca vendetta mamma Patrizia, ma solo verità: «Che sia morto di manganellate, oppure di overdose, non fa differenza ormai. Ma la memoria di mio figlio, quella no, nessuno deve infangarla». E via al blog, alla battaglia legale, alle interviste.
Per ricordarlo com’era: «Aveva una vita davanti e una gran voglia di viverla…».

Grazia Maria Mottola gmottola@corriere.it

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In allegato la lettera di Patrizia, la madre di Federico

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