L´inglese diventa solo ora lingua nazionale in America

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(da La Repubblica, SABATO, 20 MAGGIO 2006, Pagina 1 – Prima Pagina)

Il Senato introduce la norma nel clima anti-immigrazione

L´inglese diventa solo ora lingua nazionale in America

Alberto Flores d´Arcais

new york – La leggenda vuole che nel 1795 per un solo voto al Congresso il tedesco non divenne la lingua ufficiale degli Usa; poi per due secoli nessuno ci fece più caso, a parte quegli irlandesi che nel 1923 proposero in odio anti-britannico (e senza successo) di definire “american“ l´idioma parlato negli States. Anche in mancanza di decreti o leggi, che l´inglese fosse di fatto la lingua ufficiale nessuno lo aveva mai messo in dubbio.
Ma con le ondate di immigrazioni ispaniche degli ultimi decenni, le radio e tv latine, i documenti e i cartelli stradali bilingui, era altrettanto chiaro che l´America stava diventando – almeno in alcuni Stati – un paese bilingue.
A chiarire (non del tutto) le cose ci ha pensato giovedì sera il Senato.
Spronati dalle discussioni sull´immigrazione e dalle polemiche sull´inno cantato in spagnolo, i senatori hanno approvato con 63 voti favorevoli e 34 contrari un emendamento che dichiara l´inglese «lingua nazionale». Una definizione che è un compromesso tra gli “ultras“ conservatori che volevano fosse definita «lingua ufficiale» e chi (soprattutto tra i Democratici) avrebbe preferito che tutto rimanesse come prima. Un compromesso per salvare l´impianto generale bipartisan della nuova legge sull´immigrazione.
Raggiunto l´accordo sul termine «lingua nazionale» – una chiara vittoria dei Repubblicani – i Democratici sono riusciti a fare votare un altro emendamento (58 voti contro 39) che dichiara invece l´inglese «lingua comune ed unificante», e che conferma «i diritti esistenti» in base ai quali il governo fornisce molti servizi in lingua spagnola: quelli voluti da Clinton alla fine degli anni Novanta che obbligano gli uffici federali, gli ospedali ed altri uffici pubblici a fornire ogni documentazione anche in spagnolo.
Con un terza votazione i moderati bipartisan sono poi riusciti a bloccare (58 a 35) un emendamento che avrebbe impedito di avviare ogni procedura di richiesta di cittadinanza per tutti i nuovi immigrati che entreranno negli Stati Uniti con i permessi di lavoro temporaneo, previsti dalla legge che viene discussa al Congresso.
Da un punto di vista pratico, la definizione dell´inglese come «lingua nazionale» cambia dunque poco o nulla; non cambia le leggi esistenti, non muta le decisioni dei tribunali, non avrà alcun effetto nei 27 Stati in cui l´inglese è già definito «lingua ufficiale» dalle rispettive costituzioni, e neanche in quei tre Stati che riconoscono altre lingue: il francese in Louisiana, l´hawaiiano alle Hawaii e lo spagnolo in New Mexico. Del resto gli americani sono storicamente contrari a legiferare sulla lingua sin dai tempi – era il 1780 – in cui il vicepresidente John Adams propose di fondare un´accademia linguistica che stabilisse gli standard dell´inglese-americano. Idea che venne respinta dal Congresso come una minaccia alle libertà individuali, così come venne respinta un secolo più tardi quella del presidente Teddy Roosevelt di riformare lo «spelling». E il voto di Frederick A. C. Muhlenberg, un tedesco della Pennsylvania “assimilazionista“ che con il suo voto decisivo avrebbe impedito che il tedesco diventasse lingua ufficiale al posto dell´inglese è invece soltanto una leggenda (in realtà impedì che il tedesco venisse affiancato all´inglese negli atti federali).
Se andiamo a vedere le statistiche, la minoranza linguistica era del resto molto più alta un secolo fa. Secondo il censimento del 1890 coloro che non parlavano inglese erano cinque volte di più di quanti non lo siano oggi, dove nonostante la diffusione dello spagnolo l´82 per cento della popolazione parla correntemente inglese. Nel 1910 il 23 per cento degli immigrati bianchi, il 39 per cento dei giapponesi, il 41 per cento dei cinesi e il 66 per cento degli altri gruppi etnici non parlavano una parola di inglese. Oggi tra i nuovi immigrati solo il 10 per cento non conosce la «lingua nazionale».
Il voto al Senato ha però un alto valore simbolico. Sull´immigrazione e sulla nuova legge che faticosamente sta prendendo corpo al Senato – dopo che la Camera dei Rappresentanti ne aveva votata una durissima – l´America è spaccata: la maggioranza vuole regole certe contro i clandestini, i latinos (con al fianco la chiesa cattolica) hanno dato vita a un movimento di massa che non ha eguali dai tempi di Martin Luther King, e mentre negli Stati del sud diventano sempre più numerose le squadre di vigilantes contro gli immigrati, Bush deve mitigare con decisioni demagogiche (la guardia nazionale alle frontiere) il programma da lui stesso lanciato oltre un anno fa che avrebbe legalizzato nel giro di poco tempo milioni di clandestini.

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