“Libertà  di espressione a rischio” l’Osce contro la legge-bavaglio

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ROMA – «L’Italia abbandoni il progetto di legge sulle intercettazioni o lo modifichi». È la richiesta rivolta al nostro paese da Dunija Mijatovic, la responsabile per la libertà  dei media dell’Osce. Un allarme che parte da Vienna – dove ha sede l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa – e che a Roma il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri accoglie con menefreghismo: «L’Osce? Si presenti alle elezioni. Quando avranno dei seggi chiederanno delle modifiche». Il governo poi, reagisce con una nota della Farnesina: «L’intervento dell’Osce rischia di interferire e turbare il dibattito democratico in Parlamento». La Lega alza il tiro: «La bosniaca Mijatovic sia rimossa». E Silvio Berlusconi non ha nascosto l’irritazione parlando con alcuni consiglieri: «La sovranità  è del Parlamento e gli organismi internazionali devono rispettarla».

Il richiamo dell’Osce segnala «un atteggiamento volto a criminalizzare il lavoro giornalistico», punitivo dell’informazione perché la rende al di sotto degli standard internazionali sulla libertà  di espressione. «Così come approvato al Senato – si legge sul sito dell’Organizzazione – contraddice le raccomandazioni dell’Osce specialmente nella misura in cui proibisce l’uso di alcune fonti confidenziali e materiali che possono essere necessarie per indagini giornalistiche significative al servizio della democrazia; ostacola il giornalismo investigativo».

L’ammonimento internazionale sembra non fermare affatto il Pdl. Berlusconi e la sua maggioranza anzi serrano le file e attaccano i finiani che insistono e chiedono una revisione del testo. Fabrizio Cicchitto, il capogruppo del Pdl alla Camera, ha inviato una lettera a tutti i deputati avvertendoli di presenziare i lavori d’aula che si protrarranno fino alla prima settimana di agosto, lasciando intendere che entro quella data la legge-bavaglio sarà  approvata definitivamente. Ma lo scontro nel centrodestra tra Berlusconi e Fini continua. Giulia Bongiorno ha convocato ieri l’ufficio di presidenza della Commissione Giustizia di Montecitorio, che ha stabilito l’avvio dell’esame già  da domani e precisato però che iniziare prima non è per finire prima, bensì per approfondire meglio.
La partita nel Pdl è tutta aperta: il grande dilemma è se si farà  il duplice compromesso sulla data del via libera e sulle modifiche. Chi cederà  tra il premier e il presidente della Camera? Il terreno è minato; Berlusconi lo sa bene, temendo che si saldi un asse Fini-Casini-Quirinale. Lo lascia intendere il finiano Carmelo Briguglio che sul sito di “Generazione Italia” ricorda: «Non sappiamo cosa ne pensa il Colle». E Fabio Granata avverte: «Così il disegno di legge non lo votiamo». Per sondare il Quirinale ieri Gianni Letta ha parlato a lungo con il presidente Napolitano. Le “colombe” berlusconiane e finiane si sono messe al lavoro. Ma senza esito. Il presidente della Camera non intende arretrare: «Servono modifiche». E le lungaggini sono il timore dei berlusconiani. «La legge va approvata entro la pausa estiva – ripete senza cedimenti il Cavaliere – È una questione di serietà . Gianfranco si adegui». Oggi all’ora di pranzo un vertice è stato convocato da Berlusconi a Palazzo Grazioli con Ghedini, i capigruppo di Camera e Senato e i coordinatori del partito, Denis Verdini, Sandro Bondi (che definisce «risibili le posizioni dei finiani»), Ignazio La Russa. Sul tavolo anche l’arma delle elezioni anticipate. A cui la Fondazione “Farefuturo” risponde con un sarcastico «Ma mi faccia il piacere!». Sa bene Berlusconi che il percorso è in salita nella stessa commissione Giustizia dove i finiani sono cinque (Bongiorno, Lo Presti, Napoli, Siliquini, Consolo). Pd e dipietrististi annunciano una battaglia ancora più dura. «La posizione Osce rafforza la nostra battaglia», afferma Anna Finocchiaro. Di Pietro e l’Idv criticano la Farnesina «poco diplomatica».


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